Il neosegretario democratico, che tanto si era infervorato nel chiedere a suo tempo le dimissioni del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, coinvolta nel discusso quanto fumoso affaire Ligresti, questa volta ha deciso di indossare, di fronte al caso Faraone, la maschera del politico garantista, rifugiandosi in un silenzio tombale. di Ermes Antonucci
E’ già stata archiviata trionfalmente come l’ennesima prova di democrazia diretta. Ma, a ben vedere, la votazione avvenuta sul blog di Beppe Grillo tra gli iscritti al suo M5S circa l’abrogazione del reato di clandestinità, non ha fatto altro che confermare tutti i limiti insiti in una concezione della democrazia alquanto distorta. di Ermes Antonucci
Sono anni che i vizi da Malebolge insiti dal Trecento nell’antropologia culturale del popolo italiano tendono a creare una fame spasmodica, prontamente saziata dai media, nei confronti di polemiche, polemicucce, scismi, spaccature, critiche unilaterali e ricerca del vizio di fondo che unifica nel comune destino di ruffiani, adulatori, ipocriti, ladri, seminatori di discordia e falsari un po’ tutti, dal vicino di pianerottolo, al Cardinale o al Presidente della Repubblica; se poi si può far leva sul lato “umano” di personaggi che della loro “rigida” condotta fanno una bandiera, il gossip dell’inciucio all’italiana è soddisfatto pienamente. di Roberto Granese
Matteo Renzi sta facendo di tutto per mostrarsi diverso e nuovo. Tuttora manda a dire che il cambio dei ministri (come da manuale Cencelli e secondo i nuovi equilibri di potere) non interessa e "non è all’ordine del giorno". Non sarebbe quindi una questione di nomi, piuttosto di fatti che mancano. Sarà vero? di Antonio Marulo
Più misure alternative, meno arresti. Approvata dall'assemblea di Montecitorio - con 290 voti favorevoli, 13 contrari e 95 astenuti - la riforma della custodia cautelare: il provvedimento passerà ora al vaglio del Senato.
Diciamolo pure: un po’ di delusione inizia ad affiorare. Annunciato in pompa magna le settimane scorse con il suo nome cool dal profilo international, l’atteso Job Act dello staff di Matteo Renzi resta per ora una classica lettera d’intenti tutta da definire e da capire, derubricata come bozza su cui si è chiamati a partecipare per suggerimenti e integrazione, prima del sospirato parto. di Antonio Marulo
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