Marco Travaglio le ha chiamate “quote marron”: “un poderoso esercito di onorevoli e senatori …con “un tasso di devianza che non trova riscontri nemmeno nelle più degradate periferie metropolitane”. Si tratta in tutto di 100 fra condannati, imputati, indagati o prescritti del Parlamento italiano che “dovrebbero votare norme più severe contro i reati di cui vengono spesso accusati”. Vale a dire la legge anticorruzione che tutti ci chiedono. di Antonio Marulo
Il pezzo forte del repertorio di Marco Travaglio in tv è quando, di fronte agli attacchi degli altri ospiti in studio, si stampa il sorriso ironico in volto, spalanca di più gli occhi e dichiara più o meno: “Ma io racconto solo fatti”. Provatevi a smentirmi, è il sottinteso, visto che quanto affermo è verità. Il più delle volte, l’interpretazione riesce benissimo e ottiene l’esito voluto, anche perché in effetti è molto difficile che l’editorialista del «Fatto» scriva o dica cose non vere. di Luigi O. Rintallo
Il "caso Sallusti", che in questi giorni è giustamente centrale nel dibattito sui media, sta rischiando una deriva intellettuale, politica e legislativa che andrebbe frenata. Il primo problema sta nel fatto che, nella faciloneria tipicamente italiana, il legislatore potrebbe alla fine essere portato ad abrogare completamente il reato di diffamazione a mezzo stampa. di Andrea Spinelli Barrile
I continui episodi di malcostume e di malaffare di cui è costellata la vita pubblica italiana cominciano a preoccupare i partiti, in particolare perché tra pochi mesi la consultazione elettorale in calendario potrebbe riservare non poche spiacevoli sorprese. di Silvio Pergameno
Lo stupore, e allo stesso tempo la leggerezza, che mostrano i partiti nell’affrontare gli scandali che – purtroppo periodicamente – emergono dai consigli regionali o dalle proprie tesorerie, produce una certa confusione. La disinvoltura, infatti, con la quale la politica ammette le sue responsabilità nell’inarrestabile degenerazione organizzativa e morale che la vede coinvolta è sbalorditiva, perché allo stesso tempo non è accompagnata da alcun processo di analisi e ridefinizione del proprio ruolo.
Su Matteo Renzi, al momento della sua candidatura alle primarie del Pd, è immediatamente calato l’anatema di Repubblica-Espresso, attraverso un articolo di Eugenio Scalfari. “Renzi è come Craxi”, scrive il fondatore, e non poteva essere più fulminante verso il sindaco di Firenze, perché quel paragone agli occhi del suo pubblico è quanto di più infamante potesse esserci. di Luigi O. Rintallo
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