Dunque, alle prossime elezioni ci sarà anche una “lista orizzontale” per degli hombre vertical; quelli con la “schiena diritta” che piacciono tanto a Luigi de Magistris. La sfida è partita ufficialmente dal teatro Eliseo a Roma, dove l’ex pm ha battezzato il suo Movimento arancione, ribadendo che non ne sarà il leader perché “faccio il sindaco”.
La notizia arriva in tarda mattinata e ha del clamoroso. Beppe Grillo ha deciso di espellere Federica Salsi e Giovanni Favia dal Movimento 5 Stelle. Lo ha fatto, come sempre, attraverso un mini-post sul suo blog, in modo laconico e deciso: “A Federica Salsi e Giovanni Favia è ritirato l’utilizzo del logo del MoVimento 5 Stelle. Li prego di astenersi per il futuro a qualificare la loro azione politica con riferimento al M5S o alla mia figura. Gli auguro di continuare la loro brillante attività di consiglieri”.
“Fuori dalle palle”: non poteva essere più esplicito il messaggio di Beppe Grillo rivolto a tutti gli attivisti che, lentamente, stanno maturando dubbi sui meccanismi ben poco democratici che muovono il Movimento 5 Stelle.
“Oggi, nella conferenza dei capigruppo, si prenderà atto che le regole del gioco sono quelle della legge Porcellum, e si archiverà - tacitamente o no - espulsa dal calendario, la proposta di riformarla”. Punta dritto al cuore della questione, Emma Bonino, riguardo alle oramai imminenti elezioni e alla conseguente situazione di illegalità aggravata in cui la tempestiva e prematura chiamata alle urne sta contribuendo a precipitare l'Italia.
Inutile girarci attorno: le primarie del Movimento 5 Stelle si sono rivelate un fallimento. Dopo due giorni di attesa, nella speranza che Grillo pubblicasse i risultati ufficiali con dati trasparenti e definitivi, sono apparse chiare a tutti le criticità del “primo esperimento nazionale di voto via web”.
Berlusconi ha annunciato il suo ritorno in campo perché “assediato dalle richieste”, e il Pdl, oltre ad annullare in fretta e furia, e con non poco imbarazzo, le primarie-farsa, ha deciso di revocare indirettamente la fiducia al governo Monti, astenendosi dal voto prima in Senato sul dl sviluppo, poi alla Camera sul dl sui costi della politica nelle regioni.
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