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18/04/24 ore

Poesì

Poesì di Rino Mele. Isacco e Abramo

L'insopprimibile angoscia della nostra ossessiva condizione di prede predaci. Il mio testo termina con l'esemplare momento preparatorio, surreale, della sfida tra Isacco e Abramo al quale Dio aveva imposto una prova di morte (... SEGUE>>>)

POESÌ di Rino Mele. I morti non sanno subito d'essere morti

Sembra avverarsi la profezia di Gioele: "Sol et luna obtenebrati sunt, et stellae retraxerunt splendorem suum". La violenza copre la terra, e il nostro stesso volto non è più riconoscibile. (… SEGUE>>>)

POESÌ di Rino Mele. La corsa (da Jacobs al bambino che impara)

Al 72° metro della gara di domenica 1 agosto, Jacobs è imprendibile, sfugge a se stesso, corre alla velocità di 43.056 km/h.  Correre non è camminare, è uno sfidare il vuoto che ti s'apre davanti. Siamo stupefatti nel vedere un bambino tenersi in piedi e dare il primo passo, tornare indietro, riprendere a camminare: poi tutto sembra confondersi nel quotidiano ripetersi delle ore. Ma la prima volta che un bambino corre chi la ricorda?  (… SEGUE>>>)

POESÌ di Rino Mele. Clitennestra, e Oreste già morto che l'uccide


Nel 1981 Dacia Maraini scrive una commedia tragica, sorprendente e luminosa, "I sogni di Clitennestra". La protagonista, la regina (ma qui è solo un'ex operaia tessile, a Prato), prima di morire dice: "Ho sognato di essere me. Sogno di essere un'altra. Tra i due sogni non c'è legame. Il sogno mi dà forza. Il sogno mi toglie la forza. Donne dei miei sogni non mi tradite, aiutatemi! Può una morta sognare di rivivere sognando i suoi sogni più mutilati?". (... SEGUE>>>)

POESÌ. Rino Mele, Inquisizione

L'inquisizione è la razionalizzazione estrema del male, continua a sopravvivere tra noi inavvertita, ineliminabile, oscena. In "Il processo di Giordano Bruno", 1948, Luigi Firpo scrive: "Al cadere del marzo 1597 o poco più tardi Bruno subì il suo diciassettesimo interrogatorio, l'ultimo menzionato con numerazione espressa nel 'Sommario', forse inasprito dall'usuale mezz'ora di applicazione del supplizio della corda". (… segue >>>)

POESÌ. Rino Mele, Morte di Seneca

Tacito descrive così la morte di Seneca (65 dopo Cristo) cui l'imperatore Nerone, accusandolo falsamente di aver preso parte alla congiura dei Pisoni, ha ingiunto di uccidersi: "Poiché il suo corpo vecchio ed indebolito dal poco cibo, offriva una lenta uscita al sangue, si recise anche le vene  delle gambe e delle ginocchia (...). Protraendosi la morte lenta, Seneca pregò Anneo Stazio, da lungo tempo amico suo e famoso per l'arte medica, di dargli quel veleno già da tempo provveduto, col quale si facevano morire gli Ateniesi condannati in pubblico giudizio. Avutolo, lo bevve invano perché il gelo aveva già invaso le membra, e il corpo era ormai refrattario all'azione del veleno". Seneca morì il 12 aprile. (... SEGUE >>>)

POESÌ. Rino Mele, Lettera a Ulisse (come custodire l'altro se stesso, una volta nati?)

Un'esperienza nuova per me, il figlio di un figlio. Marius ed Eleonora da quattro mesi hanno Ulisse. Un tempo ostile per nascere, ed è anche una festa. Avevo poco più di due anni quando l'Italia cadde nel precipizio della Seconda guerra mondiale e avvampò d'ira il mondo. Il futuro somiglia terribilmente al tempo passato. Ma, cosa dire a lui e ai bambini che appena iniziano, in questa aspra bufera di violenza politica e sociale, a vivere? (… SEGUE>)

POESÌ. Rino Mele, Il tempo che non c'è

Un grammatico del terzo secolo dopo Cristo, Censorino, nel suo De die natali scrive: "Ma il presente, che si colloca nel mezzo, è così breve e inafferrabile da non avere estensione e non sembrare più altro che il congiungimento tra le cose passate e le cose future; è inoltre così incostante da non essere mai nello stesso posto; e tutto ciò che lo percorre lo sottrae al futuro e lo aggiunge al passato". (… SEGUE>)

POESÌ. Rino Mele, Natale dell'epidemia

Siamo impreparati a ricordare le radici del nostro stupore, in questo Natale senza volto: viviamo in gabbie separate, come gli animali d'allevamento che da sempre con superficiale stupidità, senza avvertirne il dolore, torturiamo, non riuscendo nemmeno a sentire i loro gridi. Alla nascita di Gesù accenna il Vangelo di Matteo, ne parlano quello di Luca e - il più bello, tanto da sembrare scritto coralmente da una classe di bambini - il "Protovangelo di Giacomo", escluso dal Canone e confinato tra gli apocrifi. (… SEGUE>)

POESÌ di Rino Mele. Il muro

Sono 54 versi, appena scritti per "Agenzia". Tra gli altri temi, parlo della nostra più grande e liberatrice risorsa che è il linguaggio, ma lo stesso linguaggio si riconduce e consuma in altro che lo supera vanificandolo. Mi piace citare l'assioma del quarto libro dell'Ethica di Spinoza (1677): "Nessuna cosa singolare è data nella natura, senza che ne sia data un'altra più potente e più forte (...) dalla quale quella data può essere distrutta", a qua illa data potest destrui. (… SEGUE>)

POESÌ di Rino Mele. Giordano Bruno che muore

Alle 6 di mattina di un freddo inverno, quando la notte non si è ancora rassegnata al giorno, giovedì 17 febbraio 1600, condannato dall’Inquisizione romana, Giordano Bruno è bruciato vivo. Aveva 52 anni. Dieci giorni prima era stato dichiarato “eretico impenitente pertinace”. Dal “Giornale” dell’Arciconfraternita di San Giovanni Decollato in Roma, possiamo leggere: “Tanto perseverò nella sua ostinazione che da ministri di giustizia fu condotto in Campo di fiori, e quivi spogliato nudo e legato a un palo fu bruciato vivo”. Ma più terrificante, nella sua stringatezza, un “Avviso” pubblicato due giorni dopo sui muri della città: “Giovedì fu abbrugiato vivo in Campo di Fiore quel frate di S.Domenico, di Nola, eretico pertinace, con la lingua in giova”. 

Non posso non ricordare un mio breve poema, del 2000, “L’incendio immaginato”, edizioni 10/17, quattrocento versi dedicati alla sua filosofia e alla morte cui fu orrendamente costretto. (... SEGUE>)