Che cosa accomuna il principe Carlo d’Inghilterra, Camilla, la Royal Albert Hall a Londra, Piazza dell’Esedra a Roma, il circo Orfei, il parco dei divertimenti, ragazzini e ragazzine in età preliceale e giornalisti dello spettacolo che per lavoro vedono anche cinque anteprime cinematografiche alla settimana? di Raffaele Cascone
È stato recentemente presentato il IV rapporto sulla fiction italiana secondo cui il nostro paese investe poco sull' audiovisivo rispetto gli altri stati europei. In base all'analisi dei 741 progetti italiani realizzati negli ultimi anni emerge che il segmento della filiera maggiormente finanziato è quello della distribuzione (18,5M€) seguito dai progetti di sostegno ai produttori (7,7 M€).
"Abortire l'America e poi guardarla con dolcezza" sembra sussurrare il 'Cogan' di Andrew Dominik. L'ultima pellicola del regista di 'The assassination of Jesse James by the coward Robert Ford' si insinua con eleganza tra le gambe di una Nazione che per secoli ha cullato nel suo grembo un sogno fatto di prosperità, uguaglianza, unione, estirpando infine il denutrito scheletro di quell'idea da una cavità rivelatasi sterile e malata.
In una recente intervista rilasciata all'Indiewire di New York, in occasione della prima del suo ultimo film Qualcuno da amare, il famoso regista iraniano Abbas Kiarostami ha parlato anche del più sfortunato collega Jafar Panahi.
Negli ultimi anni si è posto sempre di più all'ordine del giorno il problema della governance di Internet, cioè della possibilità di un sistema di regole che limiti la censura mantenendo il carattere liberale della rete. E proprio su quest'ultimo punto è basato il documentario di Stephen Maing, che uscirà questo mese in Italia, dal titolo High Tech Low Life.
Di fronte a un dramma umano, ci sono due frasi fatte che quasi tutti hanno pronunciato almeno una volta nella vita. "Potrebbe capitare a chiunque" e "C'è chi sta peggio di me". Nella prima fa capolino un fatalismo sbrigativo e indifferente, mentre la seconda è un'amara consolazione ai nostri guai quotidiani, ma anche il sintomo di un pietismo inconcludente. Se poi vuoi fare un film su quel dramma, il rischio di cadere in entrambi i cliché è sempre dietro l'angolo. di Paolo Izzo