La nuova amministrazione Trump dichiara di non volere la guerra. Tuttavia, se l'Iran diventa più aggressivo e arriva al punto di raggiungere una bomba nucleare, come può l'amministrazione Trump perseguire una politica che non avrà bisogno di inviare truppe americane in Medio Oriente? La Repubblica islamica dell'Iran non rinuncirà al suo programma nucleare. In tal caso, Israele seguirà la sua dottrina di inizio, per non consentire a Teheran di ottenere la bomba atomica. Tuttavia, se Israele colpisce le capacità nucleari dell'Iran, il regime della Repubblica islamica sarà indebolito ma non crollerà e riprenderà le sue attività sovversive nella regione e nel mondo. Allora, cosa fare?… di Anna Mahjar-Barducci*
Secondo quanto riferisce l’Ansa sarebbe quasi scontato il “sì” della Corte Costituzionale all’ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sollevato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nei confronti della Procura di Palermo. Il ricorso formulato dall’Avvocatura dello Stato per conto del Quirinale conterrebbe presupposti “fondati”, sia soggettivi che oggettivi, richiesti per l’ammissibilità del conflitto.
Il giudizio della Corte Costituzionale riguarda – occorre precisarlo – l’ammissibilità del ricorso e nulla impedisce che la Consulta, in seguito, entrando nel merito del giudizio, individui ragioni di inammissibilità fino ad allora non rilevate.
In proposito, scrive ironicamente Marco Travaglio: “Chi l’avrebbe mai detto: la Corte costituzionale dichiarerà ammissibile il conflitto di attribuzioni del presidente della Repubblica contro la Procura di Palermo. Ma va? Che sorpresona”.
Non pago, il vicedirettore del Fatto quotidiano riprende una dichiarazione rilasciata a Repubblica da Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte “quand’era ancora un organo di garanzia” (oggi, secondo la logica travagliesca, non lo sarebbe più, perché non c’è Zagrebelsky a dire cose di questo genere): “Non è una contesa ad armi pari, ma, di fatto, la richiesta d’una alleanza in vista d’una sentenza schiacciante. A perdere sarà anche la Corte: se, per improbabile ipotesi, desse torto al Presidente, sarà accusata d’irresponsabilità; dandogli ragione, sarà accusata di cortigianeria”.
Un giudizio errato sia dal punto di vista logico – come ha sottolineato Ezio Mauro – perché “allora tanto varrebbe non prevedere la possibilità di ricorrere all'arbitrato della Consulta, per manifesta superiorità del Quirinale”, sia dal punto di vista pratico, perché – come ha ricordato Eugenio Scalfari – “la Corte si è più volte espressa, in varie occasioni e con vari presidenti della Repubblica, con sentenze e giudizi contrastanti con decisioni del Capo dello Stato; ha bocciato atti da lui firmati, iniziative da lui prese, perfino leggi elettorali da lui promulgate”.
Ma tutte queste considerazioni non importano a Travaglio, per il quale ora bisogna solo “prepararsi al verdetto della Corte «cortigiana»” e dopodichè “bisognerà sbrigarsi a decidere anche sul merito: sempre dalla parte del più forte, a prescindere da ragioni e torti”. (Dove fosse Travaglio quando la Corte faceva fuori referendum senza fondate motivazioni dio solo la sa. Ma si sa che il “noto” fustigatore si attiva solo su obiettivi che gli interessano e tutto il resto non rientra nella sfera delle sue attenzioni).
A Travaglio non è andata giù neanche la fuga di notizie: “Il ricorso dell’Avvocatura dello Stato alla Consulta, sconosciuto financo alla Procura chiamata in causa, è stato anticipato da Repubblica. Ora il verdetto della Consulta viene preannunciato all’Ansa (all’indomani di quello della Corte tedesca, che ha tenuto sul filo l’intera Europa senza mai uno spiffero: un altro spread che ci divide dalla Germania)”.
Il portavoce delle procure – come lo ha definito Giuliano Ferrara –, che ha fondato il suo successo su intercettazioni, rivelazioni segrete, confidenze con i magistrati, mostra dunque insofferenza per le indiscrezioni degli ultimi giorni. Anche questo può accadere, nell’ultimo teatrino italiano.
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