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02/05/24 ore

Storie di mafia, storie da ricordare (11): i carabinieri Fedele De Francisca e Calogero Cicero



di Dario Caputo

 

Torniamo a fare oggi quello che dovremmo fare tutti i giorni, ovvero ricordare le vittime cadute per mano della mafia e della criminalità organizzata, uomini e donne troppe volte dimenticati. Il ricordo dovrebbe essere una disciplina che andrebbe insegnata ai nostri ragazzi sui libri di scuola e nelle loro ore di formazione. Ritorniamo ora indietro nel tempo, indietro negli anni e ripercorriamo qui la figura di un altro martire della legalità: il carabiniere agrigentino Fedele De Francisca.

 

Nato a Villarosa nel 1911, si trasferì a Favara nel 1943, nell’immediato dopoguerra: in quel tragico periodo la criminalità la faceva da padrona in aree come quelle dove il giovane carabiniere, insieme al collega Calogero Cicero, venne chiamato ad operare e a cercare di riportare la legalità.

 

Fin da subito si spese moltissimo per l’ideale che aveva inciso nel suo cuore e che scorreva nelle sue vene: cercare di riportare pace, tranquillità e serenità in quelle zone in cui, troppe volte, il sangue di povere vittime innocenti aveva insanguinato quelle strade e quelle campagne.

 

Erano anni ormai che vere e proprie bande di ladri e assassini, uomini senza pietà e senza cuore, armati di lupare e pistole, seminavano il terrore in quelle campagne e nell’intera area dell’agrigentino.

 

I due carabinieri furono assegnati, fin da subito, al nucleo di sorveglianza della fattoria e dei campi dei fratelli Buggera di Favara: quest’ultimi erano vittime di queste bande che, prendendoli di mira, li terrorizzavano, sottraendo loro tutti i profitti giornalieri del loro duro e sudato lavoro.

 

La notte del 14 settembre 1945 un gruppo di banditi di Palma di Montechiaro li prese nuovamente di mira, per rubargli i proventi della vendita dell’uva. I banditi si appartarono in una zona sovrastante la fattoria, senza però sapere che da qualche tempo era sorvegliata da questo nucleo di carabinieri.

 

Un bandito fu messo a guardia sulla sommità della collina, l’appuntato Cicero e il carabiniere De Francisca lo sorpresero appostato dietro a una grossa pietra: si aprì quindi un conflitto a fuoco.

 

Sentendo gli spari, arrivarono lì anche tutti gli altri componenti della banda e, a quel punto, cominciarono a sparare all’impazzata contro i due poveri carabinieri che si difesero fino all’inverosimile, senza paura: Cicero fu colpito al fianco e alla coscia sinistra; De Francisca, seppur ferito, affrontò i banditi a viso aperto, ma venne ucciso da due colpi di fucile.

 

Le indagini si rivelarono inutili, tutti i fermati furono rilasciati perché gli inquirenti non trovarono prove a loro carico. Ai funerali dei due militari parteciparono migliaia di persone sentitamente commosse per il sacrificio di quei due giovani servitori dello Stato.

 

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