Se il dibattito pubblico politico e culturale è un confronto aperto su temi di interesse pubblico, che può avvenire a vari livelli; se dovrebbe essere un processo che mira a informare, coinvolgere e confrontare cittadini, associazioni, partiti, istituzioni, organi professionali, mondo accademico, soggetti del mondo della giustizia, della sanità, insomma tutti coloro si ritiene siano esperti per migliorare la qualità delle decisioni e promuovere la democrazia per favorisce la partecipazione attiva dei cittadini e la trasparenza del processo decisionale, in Italia prevale più che altro un mascheramento della realtà.
Siamo lontani dal formare opinioni, permette ai cittadini di formarsi un'opinione informata e di partecipare attivamente al processo democratico.
Si può dire che esiste un pluralismo monco, una sorte di cerchio intorno al pensiero fortemente condizionato dal prevalere dell’ideologia … un contenitore molto flessibile in cui farci stare dentro un po’ quel che serve al momento perché va per la maggiore…
“ … Ci sono punti di equilibrio delicati, bisogna non incrociare i tanti cavetti in ballo e non creare cortocircuiti - scrive Francesco Sisci -. In fondo gli italiani, sempre attenti alle opportunità, potrebbero muoversi in questo senso. Però bisogna pensare pesante. Non è questione di scambiarsi due frasi in inglese ed essere simpatici (qui gli italiani di ogni colore vincono sempre l’Oscar). Bisogna pensare al futuro dell’Italia e dell’Europa, questioni su cui l’assenza bipartisan di Roma di oggi è erede di assenze ormai decennali …”.
Qui, rispolverando un vecchio slogan del passato, occorre capire non cosa gli altri possono fare per noi, ma cosa noi possiamo fare per uscire dalla nostra mancanza di orizzonte circa il futuro. E il dibattito pubblico, prodotto dalla classe dirigente e dal paese nel suo insieme (come frutto velenoso della mancanza di comunicazione e dell’assenza di conoscenza) rivela un corto circuito dalla preoccupante prospettiva.
Se l’Italia ha una qualche risposta a questa domanda allora potrà fare un passo avanti. Occorre un bagno di realtà, e cioè cominciare a studiare sul serio e sottrarsi ad un habitus mentale infarcito di ideologia senza ideali e concentrasi su un pragmatismo empirico concreto.
Afferma Daniel J. Mahoney, professore emerito all’Assumption College di Worcester (Massachusetts) che occorre “… recuperare e rivitalizzare ciò che ha reso questa parte di mondo certamente non perfetta ma grande. Possiamo chiamarla cultura umanistico-cristiana, liberalismo integrale o liberalismo etico-politico: il punto rimane sempre il medesimo. Peccato che ben pochi siano disposti a spendersi per tutto questo…”.
Della mancanza di visone e di definizione di un orizzonte a cui si vuole fare riferimento, discute il sinologo, giornalista e analista politico Francesco Sisci con Giuseppe Rippa, direttore di Quaderni Radicali, nella conversazione che segue per Agenzia Radicale Video.
- Schlein - Meloni: Italia senza orizzonte? Conversazione con Francesco Sisci di Giuseppe Rippa (Agenzia Radicale Video)
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