Può una democrazia vivere senza opposizioni capaci di incalzare una maggioranza, che tra l’altro si presenta come una coalizione con non poche contraddizioni interne, ma capace di restare compatta in nome del potere. Gli avvenimenti internazionali producono una vera e propria “cartina di tornasole” nel rivelare lo stato di salute dell’opposizione in Italia.
Ma - accantonando i gruppi politici che formano il cosiddetto campo largo che muovono prevalentemente su un terreno ribellistico e su polemiche strumentali (mentre vi sarebbero tantissime scelte da criticare alla maggioranza di centrodestra) - quel che suscita motivo di perplessità è il maggiore partito dell’opposizione di sinistra, quel Partito Democratico che dalla sua nascita nel 2007 è passato da 12 milioni di voti a più o meno 5 milioni.
E tutto ciò mentre una destra, vincitrice nelle ultime elezioni grazie alla scellerata campagna del centrosinistra, schiacciato tra ricerca di occupazione del potere e qualunquismo pentastellato, vive della propria convinzione identitaria, inadeguata alla vastità e alla complessità dei problemi che abbiamo davanti e dove si avverte - al di là dei tatticismi e delle opportunistiche rappresentazioni di comodo - di voler mantenere una visione di esclusione e, sotterraneamente, una visione emotiva di attacco al diverso.
In quello che poi in seguito possiamo definire una vera crisi economica mondiale, non si può non dire che l’Italia è esposta, per le sue contraddizioni strutturali, a una possibile china in discesa, difficile e forse drammatica da cui sembra quasi impossibile venire fuori.
Come si è arrivati a questo stato delle cose? Qualche intellettuale meno omologato mette in evidenza come il quadro sociale, economico del Paese è di fatto deformato. Non si intravede nessuna nuova progettualità; i tentativi di tenere insieme legami comunitari, sia pure nella diversità, non hanno nessuna credibilità, il conflitto resta profondo e le polemiche che vengono iniettate sono strumentali, inconcludenti e prive di ogni intelligenza delle cose (si pensi a quelle di una credibile valorizzazione del merito, il poco attendibile egualitarismo della scuola e dell’università, che hanno contribuito rendere impossibile la formazione di classi dirigenti - senza discriminazione di ceto e di classe - in grado di consentire di essere in contatto con quella parte del mondo del sapere).
E qui emerge il preoccupante vuoto di idee del maggior partito dell’opposizione. Sui drammatici avvenimenti che ci circondano (per citare quelli che più direttamente ci riguardano, l’aggressione russa dell’Ucraina e la questione Mediorentale con il conflitto tra Israele e Hamas) si assiste ad una interpretazione della realtà emotiva e senza prospettive.
Dall’ambiguità della sua nascita (nato dalla fusione a freddo di due gruppi dirigenti esausti…) il Partito Democratico si esprime oggi con polemiche iniettate strumentalmente, spesso inconcludenti, priva di intelligenza delle cose e di scelte strategiche chiare.
Polemiche iniettate strumentalmente, prive di intelligenza delle cose e senza capacità di visione, una assenza di coscienza storica che contribuisce alla deformazione della realtà con effetti disgreganti che rivelano l’assenza di una cultura di governo e di cambiamento di cui ci sarebbe estremo bisogno.
Di questo discutono Francesco Sisci, sinologo, analista politico, giornalista e Giuseppe Rippa direttore di Quaderni Radicali nella conversazione che segue su Agenzia Radicale Video.
(Agenzia Radicale Video)
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