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03/05/24 ore

Voto palese


  • Silvio Pergameno

La decisione della Giunta per il Regolamento del Senato che ha stabilito il voto palese per la pronunzia sulla decadenza del Cavaliere dalla carica di senatore è la prova più lampante dell'insensibilità del nostro paese per la questione liberale: una convinzione profonda che abbiamo già espresso su questa Agenzia, nella palese evidenza del fatto che tale decisione rappresenta soltanto l'ennesima prova del predominio che i partiti esprimono sulle istituzioni.

 

Il caso Berlusconi lo dimostra in tutti i particolari. La segretezza del voto è garanzia fondamentale per il libero esercizio da parte degli eletti delle funzioni che l’ordinamento affida loro, sottraendoli a ogni sorta di ricatti cui possano trovarsi esposti, prima di tutto quelli che i partiti esercitano su di loro: è la chiusura di un circolo autoritario che comincia in sede elettorale, attraverso le norme sulla selezione dei candidati e sulla propaganda elettorale, che fanno degli eletti i rappresentanti dei partiti e non degli elettori.

 

Tutte le chiacchere e le ipocrisie sulla “trasparenza” di cui il voto palese - oggi in predicato - sarebbe manifestazione, crollano miseramente quando si legge il 3° comma dell’art. 83 della Costituzione che stabilisce che l’elezione del Presidente della Repubblica avviene per scrutinio segreto: come mai? Come mai anche l’art. 48, coma 2° sempre della Costituzione, garantisce a tutti gli elettori che il voto è segreto? Già, l’elezione del Presidente della Repubblica.

 

Ce n’è stata una di recente che alle segreterie dei partiti ha fatto rizzare i capelli in testa, anche perché ha testimoniato che i partiti sono minati al loro interno, che le rappresentanze parlamentari sono inaffidabili. La vicenda specifica dei cento tiratori dissidenti, che hanno impallinato Marini e Prodi nell’elezione del Capo dello stato mesi fa, ha colpito il PD, ma non è certo l’unica, anche se sensazionale stante la posta in gioco, e se ora è il PD che vuol correre ai ripari.

 

Ma il PdL non è certo esente da percorsi analoghi, anche se con premesse diverse, mentre poi tutta la faccenda è prima di tutto testimonianza dello sfascio interno dei partiti, che poi hanno in mano i poteri decisori. Per questo i rischi sono gravi. Ma non è certo questa una buona ragione per cercare vie di uscita nel rendere sempre più cogente il predominio degli apparati di partito: ovviamente la strada maestra è quella di cercare di uscire dalla stretta soffocante che attanaglia il paese.

 

Ma è possibile delineare un percorso? I fatti, il corso degli eventi non lasciano certo bene a sperare. Si sta delineando un processo che continua. La legge costituzionale 29 ottobre 1992 n. 3 modificò il comma 2° dell’art. 68, eliminando l’autorizzazione della Camera (o del Senato) per la sottoposizione a procedimento penale dei membri del Parlamento. La disposizione prevedeva cioè un giudizio, per forza di cose politico, prima di qualsiasi intervento della magistratura.

 

Oggi si rincara la dose, perché si sostiene che, intervenuta una sentenza della magistratura che stabilisce una condanna penale, il giudizio di decadenza del parlamentare rappresenterebbe soltanto una presa d’atto dell’operato dei giudici; questa interpretazione delle disposizioni al riguardo testimonia soltanto dell’insensibilità per la divisione dei poteri e del comodo che fa ai partiti trincerarsi dietro l’operato di un altro potere.

 

Occorre rendersi conto del fatto che il paese si sta avvitando in un percorso di autoritarismo strisciante dal quale non appare facile emanciparsi, anche per le carenze profonde di quanti oggi fanno gli oppositori e che, quando hanno avuto la possibilità di mettere mano a riforme significative, hanno invece sprecato ogni opportunità, anzi peggio. E solo oggi che colpito è Berlusconi si fa appello ai principi dell’immunità parlamentare. Né si può pensare che gli accadimenti di questi giorni abbiano scarsa importanza.

 

Non è così. Perché nel secolo ventunesimo e nell’ambito della Comunità europea la strada dell’autoritarismo non può essere altro che soft, senza passaggi clamorosi: e la nostra finta Europa se ne laverà le mani, trincerandosi dietro il rispetto dei fatti interni dei singoli stati che compongono l’Unione.

 

Senza dimenticare che anche il fascismo e il nazismo ebbero origine nel quadro delle istituzioni del tempo e solo progressivamente arrivarono strette di freni sempre più marcate e odiose, fino agli eventi terribili resi possibili dallo stato di guerra.

 

 


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