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03/05/24 ore

Il libro dei sogni di Renzi e Cuperlo


  • Silvio Pergameno

Renzi si è pronunziato contro le larghe intese e Cuperlo pure, sia pure partendo da posizioni divergenti, ma che scaturiscono da premesse remote comuni: Renzi pensa a un sistema elettorale come quello per il sindaco (cioè in buona sostanza una qualche forma di semipresidenzialismo), che invece non piace affatto a Cuperlo, che prospetta elezioni a collegio a doppio turno.

 

Entrambi peraltro sono vittime di un’illusione comune: che basti,cioè, una legge elettorale per assicurare governabilità, trascurando vent’anni di esperienze fallite; Berlusconi? certo. Ma dopo il 1994 due elezioni le ha vinte la sinistra, una sinistra però essa pure incapace di esprimere una maggioranza compatta. Le elezioni affrontate con coalizioni messe su all’ultimo momento servono che solo a (cercare di) vincere il premio di maggioranza, ma non certo a sostituire il confronto politico, tra forze, movimenti, partiti con storie complesse.

 

La sinistra italiana in senso lato ha prodotto Antonio Labriola e Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti e Ivanoe Bonomi, Filippo Turati e Renato Curcio, Giuseppe Saragat e Adriano Sofri…e del resto anche per il mondo cattolico non è stato forse lo stesso? Pio IX, Romolo Murri, Luigi Sturzo, Dossetti, Arturo Carlo Jemolo, Alcide De Gasperi… E i liberali? Cavour, Crispi, Salandra, Luigi Albertini, Giolitti, Piero Gobetti, i liberalsocialisti come i fratelli Rosselli e Guido Calogero e infine i radicali del Mondo e poi di Marco Pannella e del gruppo che pubblica Quaderni Radicali e questa Agenzia Radicale. Tre percorsi politici: socialista, liberale e cattolico. Senza dimenticare il movimento repubblicano del partito d’azione risorgimentale di Garibaldi e Mazzini e poi del PRI. Tante componenti di rilievo, tutte interagenti tra di loro, poi; ancora da digerire e con le quali fare i conti.

 

Conti da fare prima di pensare a larghe intese programmatiche, certamente, ma anche per fare qualsiasi altra cosa, senza pensare di cavarsela con un modesto espediente come le primarie o chiacchierando di sistemi maggioritari o di alternanza, magari dopo aver massacrato Bettino Craxi, quello della governabilità con gli stivaloni, e senza spendere una parola sul nostro passato recente, sulla consociazione corporativa che alla fine si è mangiata DC, partiti minori, PSI e da ultimo anche il PCI.

 

E poi, se si eccettua il mondo anglosassone, tra i maggiori paesi occidentali bipartitismo e grandi intese hanno funzionato solo in Germania, la nazione dove si è svolta una cospicua storia di grandi esperienze e mediazioni e confronti. La SPD è sorta nel 1863, prima dell’unità della Germania, ha votato i crediti di guerra nel 1914, ha gestito la crisi del 1919, è passata attraverso la Repubblica di Weimar; discorso che vale anche per i cattolici tedeschi che già poco meno di centocinquant’anni fa esprimevano un presidente del parlamento del nuovo stato nazionale appena sorto e contro l’iniziale politica anticlericale del Cancelliere di ferro combattevano il famoso Kulturkampf, salvo poi andare al governo con il Bismark (dopo l’arrivo del Kaiser) per l’attuazione di quel socialismo di stato che servì a contrastare la spinta della sinistra. E la lezione della Germania divisa in due, con la repubblica stalinista a est?

 

Sono state esperienze lunghe e difficili, che hanno determinato una maturità politica della quale si registrano oggi esiti cospicui (accanto a interrogativi altrettanto pesanti): alle grandi coalizioni la Germania arriva dopo questa storia, arriva dopo la Bad Godesberg del 1959 e la caduta del muro, in un paese diviso tra protestanti e cattolici…

 

Grandi intese no, su questo Renzi e Cuperlo sono d’accordo. Ma allora come si pensa di andare ad elezioni dalle quali possa scaturire un Parlamento, e un governo, che almeno siano in grado di navigare nelle acque agitate di una crisi della portata di quella attuale? Per vincere le elezioni in modo sostanziale e con una prospettiva maggioritaria si rivela infatti necessario un forte processo di confronto interno al fine di delineare soprattutto concreti obbiettivi comuni e condivisi, obbiettivi di governo e di riforme, che attendiamo – casualmente? - da trenta o quarant’anni. Cosa aspettarsi dall’otto dicembre?

 

I programmi con i quali i due aspiranti segretari si presentano alle primarie assomigliano fin troppo agli analoghi libri dei sogni che il PCI produceva (e non solo il PCI) in occasioni analoghe: nulla veniva trascurato, nessun aspetto della vita pubblica, ma senza alcuno sforzo di analisi critica concreta, perchè questa era già data per scontata in quell’ideologia fondante che spiegava tutto senza significare nulla, come ironizzava Gaetano Salvemini. Libri dei sogni, elenchi delle aspirazioni diffuse, delle cose che occorrono, dei bisogni che dovranno venire soddisfatti, specchio diluito della dottrina dei due tempi: importante è che si sia noi a vincere, poi tutto quello che serve sarà fatto. Ma sulle difficoltà che da decenni tengono il paese bloccato, l’accurato silenzio esprime una prudenza fin troppo significativa.


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