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27/07/24 ore

L'espulsione di Mastrangeli, tutti i limiti della pseudo-democrazia a 5 stelle


  • Ermes Antonucci

Il neo-senatore Marino Mastrangeli è stato espulso dal Movimento 5 Stelle, attraverso una votazione online, per violazione della regola che vieta ai parlamentari grillini la partecipazione ai talk show. La proposta di espulsione di Mastrangeli era stata deliberata a maggioranza dai gruppi parlamentari del M5S, dopo aver verificato una “palese violazione” del codice di comportamento che tutti gli eletti hanno sottoscritto prima delle elezioni.

 

In particolare, a Mastrangeli veniva contestata la partecipazione a numerosi programmi televisivi, “benché l’intero gruppo lo avesse più volte invitato a desistere”, e lo si accusava di aver danneggiato così “l’immagine del M5S con valutazioni del tutto personali”. Era stato Beppe Grillo, ieri mattina, ad annunciare la votazione online sul suo sito in cui gli iscritti al movimento al 31 dicembre avrebbero dovuto ratificare a maggioranza l’espulsione di Mastrangeli.

 

In serata, l’esito è stato reso noto dal blogger: “Gli aventi diritto erano 48.292, di questi hanno votato in 19.341. L’88,8% (pari a 17.177 voti) ha votato per l’espulsione, il restante 11,2% (pari a 2.164 voti) ha votato per il no”.

 

Occorre dire che, questa volta, per giustificare l’espulsione di un eletto del Movimento è stata citata la violazione di una regola di comportamento stabilita prima dell’elezione del diretto interessato, dando vita quindi ad una situazione molto differente dai casi Tavolazzi, Favia, Salsi, in cui Grillo non poté in alcun modo motivare le espulsioni sulla base di regole esistenti.

 

Anche la contro-risposta di Mastrangeli, che ha proposto l’espulsione del capogruppo Vito Crimi per aver partecipato a “Porta a porta”, è apparsa fuori luogo, in quanto se c’è qualcuno che può permettersi di presenziare a talk show questo è proprio il capogruppo, nel suo ruolo di portavoce e megafono del movimento.

 

Nonostante le dovute precisazioni, la vicenda di Mastrangeli conferma comunque tutte le ambiguità di fondo sul funzionamento della pseudo-democrazia elettronica messa in piedi da Grillo e Casaleggio. Affermare che “il popolo della Rete” ha decretato l’espulsione del senatore appare quantomeno ardito, dato che a votare sono state solo 19mila persone, cioè il 40% degli aventi diritto.

 

Se l’obiettivo primario di Grillo, insomma, è quello di far nascere nei cittadini un interesse per la politica attiva e diretta, gli ultimi segnali (vedi anche l’affluenza alle “quirinarie”) sono molto preoccupanti. Di fronte all’espulsione, il ribelle Mastrangeli – un personaggio singolare che pare nulla abbia da invidiare agli scilipotanti politici di professione – ha parlato di “un attentato agli articoli 21 e 67 della Costituzione”, una “roba da Corea del Nord”, e ha annunciato il ricorso a vie legali.

 

L’incapacità di Grillo di tenere unito un insieme di personalità così variegato e privo di una piattaforma politico-culturale condivisa sta emergendo in tutte le sue prevedibili manifestazioni.


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