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02/05/24 ore

Giustizia, una questione antica – intervista a Emanuele Macaluso


  • Danilo Di Matteo

Quaderni Radicali 108, in uscita in questi giorni, dedica un ampio Primo piano all’ InGiustizia. il prefisso privativo esplicita la gravità delle patologie della “questione giustizia” in Italia. Patologie che aggrediscono più fronti: dalla vita insostenibile dei carcerati ai guasti irrimediabili sulle istituzioni. Lo stesso ordine della magistratura, sottoposto a devastanti lotte di e per il potere, ha assunto fisionomie irrintracciabili altrove nel mondo. Il sistema giustizia è arrivato a livelli di assoluta controproduttività con drammatici riflessi sul sistema Paese nel suo complesso, che pregiudicano investimenti e condizioni del vivere civile.



 

 

Emanuele Macaluso, si parla ormai da tanti lustri di una funzione di supplenza della magistratura nei confronti del potere politico. Come dire: i magistrati provano a modo loro a colmare il vuoto lasciato dalla politica. È una tesi credibile, secondo te?

 

Il rapporto tra politica e magistratura in Italia è molto complesso e non è una questione che si pone solo ora. È una questione antica, dall’unità d’Italia in poi. La magistratura italiana è stata storicamente al servizio delle classi dirigenti. E non parlo solo dell’Ottocento. Anche nel Novecento, se consideriamo l’attività della magistratura e le sue sentenze, esse sono state sempre volte contro il movimento popolare, contro il movimento contadino. Da tale punto di vista si tratta di una storia molto pesante. Dopo la Liberazione e l’approvazione della Costituzione le cose non sono molto cambiate. Il corpo della magistratura è rimasto sostanzialmente lo stesso.

 

I magistrati storicamente sono sempre stati parte della classe dirigente: anche dal punto di vista sociale erano quasi tutti figli di benestanti, di agrari, di grandi professionisti. Non c’erano magistrati per così dire figli del popolo. C’era da questo punto di vista una visione di classe. Se guardiamo alle sentenze della magistratura nei confronti del movimento popolare, di quello contadino soprattutto, anche a quelle emesse dopo la Liberazione, c’è da rabbrividire.

 

Anche riguardo alla mafia. Ricordo sempre che in Sicilia furono uccisi 36 dirigenti sindacali: non vi fu una sola sentenza di condanna. Non vi fu mai una sentenza. In tal senso il rapporto fra magistratura e movimento sindacale era spaventoso.

A un certo punto la situazione cambia...

 

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