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26/04/24 ore

Un domani al Partito democratico


  • Giuseppe Rippa

Dare un domani al Partito democratico può essere molto difficile, considerando le numerose contraddizioni che lo accompagnano dalla sua nascita. Forse è proprio il modo in cui è nato e le forze che lo hanno creato che rendono più difficile questa prospettiva.

 

“La navicella del partito democratico, che si è mossa in una data che è impossibile precisare perché ognuno dei navigatori ne darebbe una diversa - scriveva Biagio de Giovanni nel suo Sul partito democratico. Opinioni a confronto (Guida, 2007) -, sembra essere giunta in vista di qualcosa di brumoso e non ben definibile, che comunque per alcuni dovrebbe rassomigliare a un porto […]”.

 

Ma a distanza di anni quel porto non si intravede e le vicende del 2013 segnano un ulteriore momento di navigazione a vista senza approdi sicuri.

 

L’insuccesso alle elezioni politiche ‒ che pure si era tentato di negare in tutti i modi, finendo per sprofondare in una voragine di equivoci e di confusione che ha avuto il suo apice nell’elezione del Presidente della Repubblica ‒, il presunto recupero alle amministrative parziali dove si registrano più della metà di votanti che non si sono recati alle urne e dove in alcuni casi il voto di protesta ha segnato la vera novità, le dimissioni di Bersani, il secondo segretario di un partito sempre in fibrillazione, il congresso convocato dal segretario di passaggio Epifani e che si annoda in una lunga teoria di questioni tra candidature, regole, ma senza contenuti, sono le tappe di un viaggio ancora accidentato.

 

Era stato sempre de Giovanni a leggere con lucidità tutti i limiti di un disegno politico significativo, ma pieno fragilità e di ambiguità. Più che alla nascita di un partito democratico sembrava di assistere alla celebrazione di un abbraccio da tempo cercato, un “incontro fra gruppi dirigenti consolidati che non avevano certamente brillato per gestione democratica dei partiti che rispettivamente dirigevano”.

 

Il mondo post-comunista e quello cattolico-sociale si sposavano, ma il loro obiettivo principale era cercare il modo di realizzare un nuovo compromesso. Matrimonio che non era stato possibile celebrare prima perché vi erano condizioni geo-politiche e equilibri mondiali che lo rendevano difficile, se non impossibile, e che finalmente sembrava potersi celebrare anche se i due promotori fingevano di indossare abiti liberali che poco si adattavano al loro fisico.

 

Ma per “fare” i liberali, i cattolici liberali, i socialisti, bisognava in primo luogo escludere quelle culture. Solo in questa combinazione si poteva eliminare ogni apparente contraddizione e coloro che queste contraddizioni potevano suscitare, dedicarsi al patto oligarchico che poteva produrre la stabilizzazione sperata, in una logica di rapporti di forza che ognuno poteva esprimere nella nuova casa...

 

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