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03/05/24 ore

Il balletto “Manon” al Teatro dell'Opera di Roma



In scena per la prima volta al Teatro Costanzi, dal 25 al 31 maggio, il balletto “Manon” di Kenneth MacMillan è stato accolto dal pubblico romano con applausi ininterrotti.

 

Il corpo di ballo, i solisti e i primi ballerini, ma soprattutto l’étoile dell’Opera di Parigi Eleonora Abbagnato, che dal 2015 è Direttrice del Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma e che per l’occasione ha interpretato il ruolo della protagonista alternandosi con la danzatrice Susanna Salvi, hanno saputo incantare anche gli spettatori solitamente meno inclini ad alzarsi i piedi e gridare ”Bravi!”.

 

L’étoile ospite Friedemann Vogel nel ruolo di Des Grieux e l’étoile dell’Opera di Parigi e assistente alla Direzione del Balletto del Teatro dell’Opera di Roma Benjamin Pech nel ruolo di Monsieur G.M. hanno poi saputo infondere un tocco aggiuntivo in termini di eleganza e di qualità interpretative.

 

La storia di Manon, sedicenne dalla bellezza avvolgente e sensuale che si innamora perdutamente del giovane Des Grieux ma al contempo non sa sfuggire né rinunciare alle tentazioni dell’esistenza agiata offertale da Monsieur Guillot de Morfontaine, è stata ispirazione per grandi artisti, primi fra tutti Jules Massenet e Giacomo Puccini.

 

Il contesto narrativo è quello della società parigina del XVIII secolo, intrisa di contraddizioni e specchio delle disperate discrepanze economiche diffuse tra la popolazione. Manon, che prova vergogna all’idea di condurre la propria vita nella povertà, è attratta da Des Grieux e cosciente dell’amore per lui, ma incapace di sceglierlo davvero. E quando questo avviene, finalmente, ad aspettarla vi è un destino tragico e fatale.

 

L’aria è sospesa, incorporea, mentre la musica si dilata nel palco all’apertura del sipario, nell’attesa del tripudio di colori con cui cominciano le danze, in una locanda nei pressi di Parigi. Manon si presenta agli sguardi vestita con le sfumature azzurre di un cielo estivo, preceduta dalla sua grazia e dal suo infantile splendore. A nulla possono la timidezza e l’iniziale riserbo nell’incontro con il suo amato: l’impeto prepotente della passione non può che avvincerli in un abbraccio senza fine, inviolabile persino di fronte alle evidenze e alle scelte dettate dal non amore. A nulla possono l’interesse, il calcolo, la freddezza del fratello Lescaut, che la spinge nella direzione sbagliata in completa assenza di scrupoli e di bene.

 

Quella di Manon è un’innocenza corrotta, violata, eppure al fine riscattata, in un processo di conoscenza e sofferta consapevolezza magnificamente rappresentato dallo stile inconfondibile di MacMillan, attento narratore delle molteplici possibilità in cui la psiche dei personaggi può dispiegarsi, affidata all’incanto della danza.

 

Regina Picozzi

 

 


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