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12/12/24 ore

«Max Peiffer Watenphul. Dal Bauhaus all’Italia» al Museo Casa di Goethe, Roma


  • Giovanni Lauricella

Alla Casa di Goethe una  retrospettiva dell'artista tedesco Max Peiffer Watenphul (Weferlingen, 1896 – Roma, 1976) curata da Gregor H. Lersch: una cospicua mostra di pittura e fotografia, con alcune testimonianze documentali di altre opere del medesimo artista, nonché di altri artisti suoi contemporanei, il tutto arricchito da resoconti dei suoi numerosi viaggi.

 

Allievo di Itten, Klee e Schlemmer nelle classi della Bauhaus di Weimar nei primi anni ’20, strinse amicizia con Otto Dix e Alexej von Jawlensky, con scambi di opere. 

 

Complessivamente sono quasi 40 dipinti, ovvero vedute di Roma e Venezia dagli anni ’30 ai ’70, più 13 fotografie che demarcano la sua sessualità alternativa, quasi tutte dei primi anni ’30. 

 

Una mostra che offre uno spaccato culturale di quello che sono stati gli anni del '900 e in particolare del periodo prima e dopo la seconda guerra mondiale. Anni orribili perché mai più in futuro avremo, si spera, una quantità di morti e distruzioni paragonabili per quantità e crudezza a quelli che ci sono stati, ma, paradossalmente, mai più vivremo, di contro, un'ondata artistica così intensa e fruttuosa come quella che adesso, inoltrandoci da oltre 23 anni nel 2000, ci appare in prospettiva davvero irripetibile.

 


 

So bene quegli ignobili disastri che sono successi per colpa del nazismo. Per capire il nostro tempo però  permettetemi di sottolineare una cosa:  da quella mostra sull'arte degenerata o entartete Kunst, organizzata da Adolf Ziegler dove anche  Max Peiffer Watephul suo malgrado ha esposto o per essere corretti venne esposto, l'arte ebbe un impulso incredibile, nonostante l'esodo forzato di molti artisti e i problemi causati dall’emigrazione.

 


 

Argutamente Claudio Strinati diceva in un suo libro che se invece di bocciarlo avessero fatto entrare Adolf Hitler all'Accademia, come da lui desiderato, si sarebbero salvate milioni di vite umane. Io aggiungo che se non ci fosse stata quella mostra sull'arte degenerata, sicuramente scaturita dall'astio di Adolf Hitler nei confronti degli artisti affermati, non avremo potuto avere il ricco corso storico dell'arte contemporanea.

 


 

Hitler miglior critico della storia dell'arte? Sappiamo bene che non è così, ma Max Peiffer Watephul fu uno dei fortunati che beneficiarono di tale tragedia, non penso infatti, che diversamente le sue pitture sarebbero passate alla storia: quella raffigurazione essenziale e semi-infantile poco coinvolge lo spettatore e il risultato resta tale anche per un occhio più attento, benché se ci sia stata una moda di arte cartellonistica e grafica pubblicitaria molto vicina alle soluzioni coloristiche e figurative escogitate dal nostro, per raccontarci il suo personale Grand Tour italiano, con tinte malinconiche e fredde, portatrici di uno stato d'animo congeniale ai tempi.

 


 

Ma rimane assodato che Peiffer Watephul era un grande artista anticipatore di tendenze, un artista seminale, come oggi si usa dire, come ha dimostrato in quell'arazzo del 1921 che ha geometrie tipo Kandisky, con forme sospese alla Paul Klee ed effetti cromatici alla Josef Albers, un genere di tecnica   artistica che poi diventerà l'emblema di Alighiero Boetti e di tanti altri artisti ancora che hanno fatto del tappeto una riuscita forma di arte concettuale.

 

 

 

 Invece quelle foto di teste monumentali di reperti archeologici romani con delle corde intorno, a guisa di motivi di “giochi” di arte classica, è un genere che vedremo ripetuto dagli anacronisti che dagli anni '80 in poi saranno esposti con grande successo in tutto il mondo.

 


 

Penso a Andrea Vizzini, ma sforando anche a Mitoraj sino ad arrivare a Francesco Vezzoli, mentre per le foto di quei bei giovinetti e di quelle donne dallo sguardo ambiguo potremmo arrivare anche a Robert Mapplethorpe, Dino Pedrali, Claudio Abbate e tantissimi altri che in varie sfaccettature hanno trattato il tema “queer”.

 

 

C'è da dire che quando Peiffer Watephul iniziò la carriera d'artista, tutto ciò era da cominciare e fortunati sono stati quelli della sua generazione che si sono trovati di fronte un terreno vergine tutto da lavorare ma quell'arazzo e quelle foto offrono tanti spunti di riflessione sul corso successivo della storia dell'arte contemporanea, una mostra piena di suggestioni.

 

Il catalogo della mostra, pubblicato in italiano e tedesco da Electa, a cura di Gregor H. Lersch (direttore del Museo Casa di Goethe e curatore della mostra), Frédéric Bußmann (direttore generale delle Kunstsammlungen Chemnitz) e Anja Richter, Direttrice del Museum Gunzenhauser, Chemnitz, con saggi di Florian Korn, Anja Richter e Michael Semff

 


 

«Max Peiffer Watenphul. Dal Bauhaus all’Italia»

dal 28 settembre al 10 marzo 2024,

Museo Casa di Goethe, Roma

 

 


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