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16/12/25 ore

Il primo registro degli ebrei di Mantova ritornati dopo l’espulsione (1631/1633)


  • Elena Lattes

 

Il primo registro degli ebrei di Mantova ritornati dopo l’espulsione, pubblicato dalla casa editrice Giuntina, è uno di quei volumi che, pur nella loro misura contenuta, riescono ad aprire prospettive amplissime sulla storia, sull’identità e sulla memoria collettiva. 

 

Attraverso l’analisi di un documento straordinario, il libro offre uno sguardo inedito sulla condizione degli ebrei mantovani rientrati in città dopo l’espulsione del 1630, restituendo loro una voce diretta, non mediata dallo sguardo del potere.

 

Al centro del volume si trova la raccolta manoscritta – prevalentemente in ebraico, con brevi inserti in italiano – dei verbali delle sedute del consiglio della Confraternita del Talmud Torah, tenutesi tra il 1631 e il 1633. Si tratta dell’istituzione comunitaria incaricata di sostenere economicamente gli studenti indigenti e, più in generale, i membri più fragili della comunità. 

 

Grazie al lavoro rigoroso e insieme sensibile dei curatori, Agnese Faccini, Mauro Perani e Andrea Yaakov Lattes, questo registro diventa una chiave d’accesso privilegiata alle condizioni materiali e morali di circa cinquecento ebrei rientrati a Mantova, su un totale di milleseicento espulsi.

 

Il manoscritto, acquisito in passato dal bibliofilo ebreo David Kaufmann e confluito poi, insieme ad altri documenti di grande rilievo, nella Biblioteca dell’Accademia Ungherese delle a Budapest, si rivela una fonte viva. 

 

Dalle sue pagine emergono le difficoltà concrete del ritorno: abitazioni occupate o saccheggiate, i beni sottratti, i contenziosi con i cristiani rimasti in città durante l’esilio, la faticosa ma necessaria ricostruzione di un’esistenza sotto il governo dei Gonzaga. Non siamo di fronte a un semplice repertorio normativo, ma a un racconto diretto di vite ferite, a una testimonianza in cui – come sottolineano i curatori – «l’ebreo parla di sé, della propria vita e dei propri problemi».

 

Uno dei meriti maggiori del volume risiede nell’operazione interpretativa che accompagna la trascrizione del documento. Il registro è inserito in un solido quadro storico che illumina il contesto politico ed economico del rientro: una Mantova attraversata da tensioni finanziarie, da pressioni imperiali e da un rapporto profondamente ambivalente con la minoranza ebraica, percepita al tempo stesso come risorsa indispensabile e come presenza sospetta. In questo equilibrio instabile tra pragmatismo e diffidenza religiosa, il manoscritto diventa lo specchio di un’intera società.

 

Particolarmente efficace è l’attenzione dedicata alla dimensione umana dei nominativi elencati. Attraverso un attento incrocio di fonti – archivi comunitari, atti notarili, documentazione parallela – il volume ricostruisce il tessuto sociale di una comunità che prendeva decisioni collettive spesso  per ballottaggio, e che nonostante il trauma subito, non aveva mai reciso il legame con la città. Emergono artigiani, mercanti, prestatori, medici; famiglie che tornano con pochi beni e molti debiti, o con reti commerciali da riattivare. Ogni nome è una storia sospesa, restituita con precisione e misura.

 

L’apparato critico, ricco di note puntuali e accompagnato da un’ampia introduzione storica, rende il libro uno strumento prezioso per gli studiosi senza però escludere il lettore non specialista. Non si tratta di un testo accademico chiuso su se stesso, ma di un esempio riuscito di un viaggio nella microstoria capace di illuminare la storia più ampia.

 

Al termine della lettura si avverte un duplice movimento: lo sguardo rivolto al passato, verso una comunità impegnata a ricostruirsi dopo una violenza istituzionale, e quello proiettato in avanti, verso la consapevolezza di quanto gli archivi possano ancora parlare al presente. Il primo registro degli ebrei di Mantova ritornati dopo l’espulsione non è soltanto un esercizio di filologia storica, ma un autentico atto di giustizia nei confronti della memoria.

 

Un piccolo classico della storiografia ebraica italiana, indispensabile per comprendere come si ricostruisce una comunità e come un semplice registro possa trasformarsi in un racconto universale di resilienza.

 

 


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