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03/10/24 ore

Astensione, protesta e frammentarietà. I segnali dal voto in Sicilia


  • Ermes Antonucci

Il dato che più salta all’occhio in queste elezioni regionali siciliane, che hanno visto prevalere il candidato del centrosinistra Rosario Crocetta, è senza dubbio quello dell’astensione record. A votare è andato solo il 47,42% dei siciliani: ciò significa che più della metà degli elettori ha preferito restare a casa, e che il vero partito di maggioranza nell’isola è rappresentato dagli astenuti. Il risultato di una disaffezione verso la politica ormai estrema, in grado di erodere le fondamenta democratiche dell’intero Paese, e sulla quale i partiti non sembrano capaci, ancor prima di porre rimedio, di dedicare la dovuta attenzione.

 

Capita, così, – per comprendere i termini della questione – che il vincitore sostenuto da Pd e Udc prevalga con un 30,5%, ma che in realtà sia espressione di un modestissimo 15% dell’intero elettorato siciliano. E se il primo partito è risultato essere quello dell’astensione, il secondo è stato quello di Beppe Grillo.

 

Due segnali antisistemici forti e chiari rivolti all’intera classe politica tradizionale, impegnata – non ci stancheremo mai di sottolinearlo – a crogiolarsi tra astratte e confuse valutazioni elettorali, più che disposta a recepire i messaggi provenienti dalla società civile.

 

L’exploit del Movimento 5 Stelle, primo partito con il 14,90%, va considerato assieme all’inamovibile intenzione dei grillini di proseguire autonomamente nell’Assemblea regionale siciliana (come una “zitella acida”, riprendendo la dichiarazione a caldo del candidato grillino Giancarlo Cancelleri).

 

Questa mossa, unita alla contorta legge elettorale regionale, consegnerà al neogovernatore Crocetta palesi difficoltà nel trovare un alleato e raggiungere in questo modo la maggioranza assembleare, lontana 7 deputati (ora sono 39 su 90). Il rischio concreto, in definitiva, è quello di una completa ingovernabilità, di una paralisi decisionale preoccupante in una regione al limite del dissesto finanziario.

 

Non è da escludere così la decisione di ricorrere a nuove elezioni, con annesse mini-campagne elettorali, nelle quali Crocetta è comunque convinto di “vincere con una valanga di voti”. Nel complesso, il quadro del voto si è rivelato estremamente frammentato: nessun partito è riuscito a raggiungere il 15%, il Pd (13,4%) è sceso di 5 punti rispetto alle elezioni del 2008, il Pdl (12,9%) è crollato di circa 20 punti, l’Udc ha ceduto il 2% (10,8%), mentre Idv, Fli e Sel non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento e resteranno fuori dall’Ars.

 

Pare quindi che buona parte dei voti destinati al Movimento di Grillo, considerata l’astensione record, non sia giunta dalla insofferente massa dei delusi ed indignati della politica (come ingenuamente ci si aspettava), bensì da settori dell’elettorato del centrosinistra e soprattutto dall’area di un Pdl ormai allo sbando.

 

Le prime impressioni (e celebrazioni) dei diversi partiti sul risultato siciliano, confermano l’immagine di una politica ostinatamente non intenzionata a comprendere i segnali lanciati dai cittadini. Il voto di aprile rischia così di riprodurre, con ovvie differenze, alcune delle problematiche emerse dalle elezioni dello scorso week-end, nell’inconsapevolezza generale dell’intera classe politica.


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