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12/10/24 ore

L’evoluzione partitocratica di mamma Rai


  • Ermes Antonucci

Nell’evocarla spesso viene utilizzata l’espressione “mamma Rai”, e da decenni il motivo è un po’ più chiaro. Se all’azienda radiotelevisiva pubblica va riconosciuto il fondamentale contributo sociale dato negli anni ’60 nell’alfabetizzazione ed educazione della popolazione italiana, oggi il suo ruolo di genitrice pare aver assunto forme diverse.

 

Da attiva educatrice a passiva servitrice degli interessi partitici, questa è stata l’evoluzione della nostra Rai. L’occasione per riesumare la questione dell’occupazione partitocratica della Rai è stata data dalla relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria della tv pubblica nel 2010, esposta da Sergio Rizzo ieri sul Corriere della Sera.

 

A colpire l’attenzione è sicuramente il costo del lavoro, che ormai ha superato di slancio il miliardo di euro: 1.027 milioni, contro 1.014 del 2009. Tutto ciò in virtù anche delle innumerevoli cause di lavoro che spesso costringono l’azienda ad assumere: solo nel 2010 sono state ben 1.309 le cause di lavoro presentate contro l’azienda, cioè una ogni 10 dipendenti, mentre l’anno prima ci si era fermati a quota 1.264.

 

“I tagli – scrive Rizzo – vengono dunque subito compensati dalle assunzioni. Ed è chiaro che avere un numero di dipendenti pressoché doppio rispetto al gruppo privato Mediaset, che ha un fatturato decisamente superiore, non può essere considerato un dettaglio”. L’azienda si è premurata di precisare che quel rapporto riguarda il 2010, cioè un periodo gestionale attribuibile all’ex direttore generale Mauro Masi. Ma che la situazione non sia straordinariamente migliorata nel 2011 è fuori di dubbio.

 

Secondo la Corte dei conti “c’è un persistente sbilancio negativo fra ricavi e costi, le cui ripercussioni negative sulla situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società stanno assumendo carattere strutturale e dimensioni preoccupanti”.

 

Pensare ora di risolvere la faccenda con sofisticati tagli tecnici, oltre a risultare di difficile realizzazione, appare quantomeno inutile, senza una riforma reale che possa liberare la Rai dai tentacoli del sistema partitico.


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