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18/04/24 ore

Immigrazione, aspettando i fatti su un Frontex Plus europeo


  • Francesca Pisano

“Dalle vostre case ve ne siete scappati ma non vi preoccupate siete i benvenuti qui nel paese dei balocchi” – diceva il testo di una canzone di Edoardo Bennato del 1992, a proposito delle esili speranze di quanti percorrono le traversate per mare. E ancora oggi l’Italia, rispetto all’emergenza migranti, è a sé rispetto all’Europa: è suo avamposto, come si sente sempre più spesso dire, ed è come se si affacciasse sul Mediterraneo “per conto” degli Stati dell’UE.

 

Pochi giorni fa l’UNHCR, davanti alle tragedie del mare che si sono intensificate soprattutto nel 2014, ha invocato “un’azione europea urgente e concertata, che includa il rafforzamento delle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo e la garanzia che le misure di salvataggio siano sicure e il meno rischiose possibile”. Questo perché, nonostante sia stato espresso un profondo apprezzamento nei confronti dell’operazione italiana Mare Nostrum, che “ha permesso di salvare migliaia di vite”, quanto fatto per il salvataggio dei migranti non può bastare.

 

Una risposta (tutta da verificare nei fatti) sembra giunta con l’incontro dello scorso 27 Agosto tra il ministro dell’interno Angelino Alfano e il commissario UE per gli Affari interni Cecilia Malmstrom. Hanno annunciato a Bruxelles l’operazione Frontex Plus che dovrà incorporare l’italiana Mare Nostrum e arrivare a sostituirla. Secondo quanto detto da entrambi, verranno anche inglobate in essa le due operazioni Hermes ed Enea già esistenti; un altro punto sarà poi la distruzione delle barche usate dai trafficanti, per porre un freno alla tratta degli esseri umani anche evitando che le imbarcazioni vengano riutilizzate.

 

La nuova operazione che dovrebbe essere lanciata a fine novembre,  avrà bisogno di  “risorse tecniche ed umane superiori e della partecipazione di un maggior numero di Paesi membri”. Una volta che l’antecedente Frontex e le autorità italiane avranno definito di quante navi, elicotteri e personale ci sarà bisogno, verrà lanciato un bando da parte di Frontex “perché gli Stati membri possano contribuire", come auspicato da Malmstrom.

 

Considerando la portata dell’emergenza, che secondo UNHCR solo nel 2014 ha comportato la perdita della vita per circa 1900 persone, l’aspettativa del commissario europeo potrebbe far scaturire un alone di scetticismo, vista la partecipazione rivelata finora dai Paesi dell’UE e l’incalzare invece quotidiano dell’emergenza umanitaria.

 

La commissaria ha ribadito che l'esecutivo “farà del suo meglio, perché l'Ue in toto e tutti gli Stati membri svolgano un ruolo per aiutare l'Italia a gestire i flussi migratori nel Mediterraneo”. Ma nel frattempo - viene da dire – come si agisce, cosa si fa? Si continua sull’onda del “salviamo il salvabile”, mettendo in conto che ogni giorno centinaia di vite saranno comunque a rischio almeno fino a novembre?

 

Rafforzare Frontex attraverso il reale e fattivo coinvolgimento di tutti gli Stati europei è una delle misure necessarie ad arginare il verificarsi delle tragedie dei migranti nel Mediterraneo. Tuttavia, oltre il controllo delle frontiere è anche indispensabile che l’Europa intervenga attraverso iniziative concrete da realizzare coinvolgendo i Paesi in cui transitano i migranti, col supporto dell’OIM e dell’UNHCR. Per questo “si sta pensando a un’iniziativa nei Paesi dell’Africa orientale, che includa il Corno d’Africa, Egitto e Libia, da condurre con Ue e Unione Africana”- ha dichiarato Marco Del Panta, Direttore centrale per questioni Migratorie ed i Visti, del Ministero degli Affari Esteri.

 

Iniziative concrete e non “riunioni con documenti finali che nessuno legge”, per arrivare a ottenere che i Paesi di transito rispettino gli obblighi di diritto internazionale cui sono tenuti e diano il loro contributo necessario ad annientare le reti dei trafficanti. Per combatterli, Fabio Caffio, esperto di diritto internazionale, fa riferimento all’ipotesi di istituire uffici UE che operino sotto l’egida dell’UNHCR, basati nei Paesi da cui partono i migranti.

 

Si tratta di percorsi comunque complicati, considerando anche le difficili e turbolente condizioni che questi Paesi, al di là del Mediterraneo, vivono al loro interno, mentre l’UE dovrà lottare contro il tempo per affrontare, oltre le divergenze fra gli Stati membri, quanto succede nelle acque del suo mare.


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