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26/04/24 ore

Se gli insulti sono applausi: le medaglie per Salvini e Di Maio


  • Antonio Marulo

Al ministero della propaganda stappano bottiglie di spumante – si immagina rigorosamente italiano - per l'opportunità offerta ogni tanto a Salvini e a Di Maio di maramaldeggiare sulla classe dirigente dell'Unione Europea, per di più invisa anche a chi teme la deriva anti-europeista in corso.

 

Questo dovrebbe essere abbastanza chiaro a tutti, anche al commissario Moscovici – protagonista ieri dell'ultimo assist mediatico in ordine di tempo offerto al sovranismo nostrano. Alcune uscite sono infatti grasso che cola per chi ogni giorno è a caccia di nemici a Bruxelles su cui scaricare la rabbia e il risentimento dominante nell'opinione pubblica nazionale.

 

Bisognerebbe prendere atto di una situazione che Donald Trump descrisse riguardo a se stesso, quando disse "Potrei sparare a uno per strada e non perdere consensi", che per molti aspetti si adatta ormai anche ai dioscuri dell'avvocato Conte.

 

Dopo tre mesi di chiacchiere contraddittorie e dannose per il Paese - come fra l'altro sottolineava ieri Mario Draghi – a fronte di poche cose fatte pure maluccio – la strana alleanza al potere continua la straordinaria luna di miele con gli elettori. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi accusa gli arrivi – non solo gli avvisi di garanzia al “Capitano” - diventano medaglie da esibire.

 

Di questo l'opposizione, o quel che resta, non mostra consapevolezza, in momento in cui si cerca in qualche modo di rialzare la testa, possibilmente cambiando strategia. Matteo Renzi - negli ultimi giorni molto attivo - non ha infatti risparmiato sberleffi e ironia sugli “scappati di casa” al governo. Momenti di grande cabaret si sono vissuti alle feste delle L'Unità, mentre #cialtroni imperversava (e impervesa tuttora) sui social network.

 

Qualcuno dovrebbe ricordargli che gli insulti ormai suonano come applausi. A maggior ragioni se provengono - a torto o a ragione - da certi pulpiti.

 

 


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