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17/05/24 ore

Jo Cox


  • Silvio Pergameno

Jo Cox: il nome di una vittima del più assurdo, inconcepibile e inutile dei fanatismi. Che allora questo nome passi alla storia, alla storia dell’idea di Europa e della costruzione dell’Europa, un nome che dovrà essere iscritto su ogni strada di ogni capitale europea e su ogni sede di ogni istituzione europea, a perpetua vergogna di quanti coltivano la speranza di poter fermare un percorso ineluttabile oppure di poterne rallentare all’infinito il cammino.

 

Non sappiamo se sarà così: le vie della ragione, cioè della democrazia sono lente, necessariamente, perché la ragione è riflessione, consapevolezza, responsabilità, rispetto per gli altri: è la forza della civiltà occidentale, per quanto proprio l’occidente da quasi centocinquant’anni ormai faccia di tutto per dipingere come il peggio che l’umanità abbia prodotto proprio la bimillenaria costruzione che l’Europa e le sue estensioni in altri continenti vengono realizzando tra mille difficoltà ed ostacoli di ogni genere, proprio la democrazia, la democrazia liberale, attaccata da sinistre comuniste o postcomuniste e destre fasciste o post fasciste (anche se non lo sanno)…

 

Noi crediamo nella democrazia liberale e nell’Europa e non abbiamo paura, perché sappiamo che ne verremo in capo, anche se la strada sarà lunga e tortuosa, perché la nozione che la democrazia liberale passa per ‘unificazione federale europea non è affatto universalmente accettata. Il segnale venuto ieri dall’Inghilterra è molto brutto, ne siamo consapevoli, perché viene dal profondo della società inglese e da un’interpretazione circoscritta e settaria della storia inglese e più ancora dei valori che questa storia ha portato al mondo intero.

 

Non è l’attentato del fanatico musulmano, vissuto nelle periferie delle grandi capitali dove incapaci classi politiche nazionali lo hanno confinato, non è l’attentato del nichilista russo d’altri tempi, non è l’attentato dell’estremista comunista ormai allo stremo, fatti tutti deprecabili ma ai quali può essere riconosciuta una logica, anche se non certo condivisibile. L’attentato nello Yorkshire è frutto di un’avventura connessa a una fatale deviazione dell’idea di nazione, che della libertà, delle libertà politiche fu il primo veicolo.

 

La corrosione iniziò in Francia, dopo la sconfitta di Sedan nel 1870 e trovò la sua prima manifestazione al livello delle istituzioni nelle vicende che portarono alla degradazione e alla condanna per alto tradimento di Alfred Dreyfus, ufficiale dello stato maggiore francese, condanna alla quale seguì una decisa reazione della cultura liberale e poi di tutti i democratici francesi fino alla revisione del processo e al riconoscimento della piena innocenza del condannato.

 

La deviazione nazionalistica in direzione autoritaria ha percorso tutto il “continente” europeo nel secolo scorso, con le conseguenze che purtroppo ben conosciamo. Ma l’esasperazione nazionalistica dei fascismi e dei nazismi trovò profondo alimento anche nelle politiche sciovinistiche  dei maggiori paesi democratici europei, la Francia e l’Inghilterra, anche se poi questi paesi hanno duramente pagato gli errori della pace di Versailles, errori che fortunatamente non furono ripetuti nel secondo dopoguerra, anche per il peso degli Stati Uniti, autori del piano per la ricostruzione postbellica.

 

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Il segnale che viene oggi dall’Inghilterra è molto brutto perché viene dal paese che la democrazia moderna l’ha inventata e diffusa e perché esprime una deviazione estrema dell’idea di nazione. Un’idea che però rimane ancora oggi alla base del pensiero e dell’azione di tutti gli stati europei, di tutte le classi politiche dirigenti dei paesi europei con la conseguenza, poi, che le relative nazioni restano private di una dimensione politica attiva all’altezza dei tempi. E già si mettono le mani avanti, perché subito si scopre che la persona indicata come l’autore del delitto aveva simpatie naziste e soffriva di disturbi mentali. Come sempre in casi del genere (anche e poi non si comprende come mai i democratici veri, i liberali, i socialisti, i cattolici… sono esenti da questi problemi).

 

Quel che fa pena è che non si comprende la ridicola tragedia del tentativo di coprirsi dietro la dimensione ideologica o quella psichica del presunto autore del delitto, per cercare di evitare, è proprio evidente, l’analisi politica del fatto: se gli stati nazionali restano la dimensione insuperabile del panorama politico e istituzionale europeo, allora come evitare che il fanatismo, le fughe nell’irrazionale, le semplificazioni ideologiche e storiche, le tentazioni che si impadroniscono della psiche possano avere il sopravvento nella forma mentis di persone esposte?

 

Noi diciamo che lo stato terroristico islamico va combattuto anche perché l’estremismo non deve avere campi di istruzione per possibili attentatori, i quali poi non avranno più un riferimento. Constatiamo che il comunismo è imploso in Russia e poi si è sgonfiato da solo negli altri paesi. Ma l’antidoto al nazionalismo, che sta uccidendo proprio le nazioni, non lo si vuol trovare: il coacervo di interessi concentrati negli stati si sta rivelando sempre più forte. E i rischi anche.

 

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Per tornare all’alternativa sulla quale si esprimeranno gli inglesi il 23 prossimo, non si può non osservare come essa sia molto simile al referendum di de Gaulle sulla riforma costituzionale che a suo tempo veniva presentata come quella tra la salvezza o la fine della Francia, ma in realtà ha portato solo un miglioramento della governabilità, ma non ha certo risolto i problemi di fondo del paese, come è sotto gli occhi di tutti. L’Inghilterra nell’Unione Europea ha sempre svolto il ruolo del frenatore, ha sostenuto il nazionalismo francese nel momento cruciale della costruzione europea nel 1954, quando si compì la scelta tra il percorso sovranazionale, cioè federale, e quello nazionale, moderato da una volontà di cooperazione rafforzata, ma pur sempre legato al passato.

 

Questi sono i termini della questione. Mentre Putin mira alla restaurazione dell’impero russo e spaventa le nazioni che nel 1989 speravano di essersi liberate dai “russi” (più che dai “comunisti”), e presenta all’Europa proprio adesso un’offerta di commerci dei quali siamo tutti terribilmente affamati, con la disoccupazione che grava su tutti quanti e che nessun governo nazionale europeo è in grado di rifiutare. E interviene con decisione in Medio Oriente….

 

Queste sono le debolezze e le contraddizioni in cui gli stati europei, inglesi compresi, sono avvolti senza vie di uscita. Che gli inglesi votino “sì” o “no” alla Brexit non cambia molto. Ma persino in Inghilterra si arriva ad uccidere … I riflessi del voto inglese di giovedì  prossimo vanno valutati nel quadro che abbiamo qui sommariamente tracciato (e su cui da sempre insistiamo).

 

Se gli inglesi vorranno uscire riusciranno rafforzati in Europa gli antieuropei, ma il percorso di fondo non muterà; perché dal secondo dopoguerra in poi non è stata veramente compresa la lezione delle due guerre mondiali e si è continuato a fare politica sulle stesse basi (nazionali) di prima con qualche correttivo, al quale gli inglesi non hanno dato una mano; anche se i sostenitori del “restare dentro” dimostrano almeno di aver capito che esiste un legame tra tutti i paesi europei, mentre i sostenitori della Brexit sono ancora fermi allo splendid isolement.

 

 


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