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18/04/24 ore

Europa, le conseguenze della mancata unificazione


  • Silvio Pergameno

Le elezioni presidenziali di domenica scorsa in Austria hanno fornito l’ultimo esempio in ordine di tempo delle conseguenze della mancata unificazione dell’Europa, che una più meditata riflessione politica all’indomani del secondo conflitto mondiale avrebbe dovuto suggerire come assolutamente indispensabile al cospetto degli orrendi massacridi esseri umani, della mole sconfinata di beni preziosi distrutti, del patrimonio di storia, di idee, di democrazia cancellato nel corso dei lunghi anni del conflitto: al cospetto dell’immane catastrofe che il vecchio continente era stato capace di produrre nella prima metà del secolo scorso e che postulava una nuova partenza. Non ci fu.

 

Un’insuperabile fenomeno di resilienza diffusa negli ordinamenti, nelle forze politiche e sindacali, nelle strutture politiche ed economiche, nella mentalità degli uomini e delle donne, nei contenuti della cultura ebbe ragione dell’urto determinato dall’impatto prodotto dal disastro che si stendeva davanti agli occhi di tutti.

 

C’era stata un’unica voce profetica che aveva gettato l’allarme ancora nel corso della guerra, una voce che per le condizioni politiche del tempo nessuno aveva potuto ascoltare, quel “Manifesto di Ventotene” che due antifascisti confinati nell’isolotto avevano steso come frutto delle sole riflessioni personali, anticipando la vicenda dell’Europa dopo la fine del conflitto e mettendo in guardia da un ricostruzione postbellica che avesse riprodotto istituzioni, strutture, forme politiche e giuridiche del passato, con al centro gli stati nazionali, responsabili della tragedia.

 

Ma non ci furono un Cavour e un Mazzini e un Garibaldi che erano stati capaci di superare il limite della Carboneria, il confinamento della protesta all’interno dei regni e dei ducati e granducati di allora ed erano riusciti a trovare la strada per abbattere l’ostacolo. A Schuman, ad Adenauuer e a De Gasperi non è riuscito: le forze politiche dei vari paesi non hanno avvertito il rischio. Tutto è stato ricostruito dove’era e com’era e ogni tentativo di compiere un vero passo avanti è fallito.

 

Il consenso alle limitazioni della sovranità che i costituenti hanno espresso nella nostra “Carta” è rimasto lettera morta. E oggi paghiamo le conseguenze. Rimasta ferma la sovranità degli Stati l’integrazione europea si è fermata al livello di una fragile confederazione, che di fronte alle prime vere difficoltà innesta subito la marcia indietro, mentre i populismi avanzano sbandierando la promessa di farla finita con quest’Europa accusata di essere la madre di tutti i malanni: il cosiddetto Partito della Libertà in Austria (il partito dei muri alle frontiere), il Front National di Marine Le Pen in Francia, l’UKIP di Nigel Farange in Inghilterra (gran promotore dell’uscita dall Unione), Cinque Stelle e Lega in Italia, Alternativa per la Germania, e gli analoghi di Polonia e Ungheria e Slovenia….

 

Il male è fin troppo evidente e il rischio più grosso sta nel fatto che nessuna voce si leva per sostenere la strada giusta: il potere, i poteri sono ancorati agli stati nazionali…De Gaulle a suo tempo parlò di “Europa delle patrie”; Pannella auspicò al contrario una “Patria europea”…

 

 


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