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05/05/24 ore

Renzi, Ambizioni e fragilità del premier scout


  • Luigi O. Rintallo

Quando Matteo Renzi – ai tempi della prima Leopolda, ormai più di cinque anni fa – iniziò il percorso per assumere un ruolo politico nazionale, il segretario del PD Pierluigi Bersani lo avvisò “a non scambiare per nuove delle idee che sono un usato degli anni Ottanta”. Non a torto egli ricollegava il tentativo di svecchiamento promosso dalle leve più giovani del partito agli anni ’80, solo che questi ultimi – al contrario di quanto affermato – non rappresentano affatto un “usato”, se non altro perché in Italia non si è mai realizzato il loro portato fatto di snellimento burocratico, de-fiscalizzazione e riconoscimento del merito.

 

Come al solito in ritardo di qualche anno rispetto al resto del mondo, a causa della sua collocazione nella “zona grigia” di uno statalismo prono alle oligarchie del cosiddetto “capitalismo di relazione”, l’Italia vede sfumare la possibilità di un riformismo modernizzante proprio quando comincia a profilarsene l’urgenza al livello di percezione collettiva.

 

Una ventata di anti-politica travolge l’ormai agonizzante Repubblica dei partiti, il cui trapasso è suggellato da Tangentopoli e dall’incauta determinazione dei politici di imboccare la strada delle riforme elettorali, contribuendo ad allontanare sempre più una partecipazione democratica responsabile. Da sempre presente nei termini di insofferenza per la democrazia, l’anti-politica è ben fomentata dall’accorto lavorio dei media che non si sono certo risparmiati per allargare lo iato tra cittadini e istituzioni. Un’operazione propedeutica non all’effettivo cambiamento di uno stato di cose insostenibile, quanto piuttosto alla preservazione di un sistema di potere, tenuto conto che a promuoverla erano testate espressione dei soggetti economico-finanziari a tutto interessati tranne che a modificare realmente le situazioni.

 

Quella degli anni ’80 è, dunque, una strada interrotta che il Renzi degli esordi sembra aver intenzione di riprendere. Se non altro per le parole d’ordine lanciate durante le prime convention alla stazione fiorentina, che presentavano un netto distacco dal vocabolario prevalente dentro un PD ancorato piuttosto agli anni ’70. Di quella stagione politica, la sinistra ex comunista confluita nel PD mantiene inalterati due fondamentali paradigmi: il patto coi produttori e la concertazione. Entrambi sono in realtà espressione di una profonda mistificazione politica...

 

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