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05/12/25 ore

Processo Becciu, una pagina nera della Giustizia vaticana: l'appello. Conversazione Felice Manti - Geppi Rippa



Il 22 settembre  era iniziato in Vaticano il processo d'appello contro la condanna per truffa e peculato inflitta in primo grado al cardinale Angelo Becciu. Il prefetto emerito della Congregazione per l'educazione cattolica, il cardinale Giuseppe Versaldi, in una intervista si è espresso pubblicamente definendo la vicenda che ha visto protagonista il suo confratello sardo come “uno degli episodi più travagliati del pontificato di Francesco” e ha parlato di “manovre subdole da parte di persone malintenzionate le cui trame stanno venendo alla luce in questi ultimi mesi”.

 

Dopo che è stata dichiarata “ammissibile” l'istanza di ricusazione del promotore di Giustizia Diddi, il processo di appello è stato rinviato, in attesa delle decisioni della Corte di Appello in merito a questa ricusazione, al 3 febbraio 2026.

 

Quaderni Radicali e Agenzia Radicale hanno organizzato il 14 marzo 2024 un convegno di cui sono stati pubblicati dalla rivista gli atti.

 

Una vicenda giudiziaria, eclatante per l’assoluta unicità e per la rilevanza attribuitale sui media internazionali, si può dire che rappresenta in pieno il concentrato degli effetti deleteri provocati dal combinato disposto di un’azione penale esercitata al di fuori dell’alveo del diritto, sull’onda travolgente di uno spregiudicato utilizzo mediatico della gogna volta a calpestare le persone in spregio alla verità.

 

Proprio in nome dell’ “insistenza per la verità” (Satyagraha), dal convegno è emerso come il processo vaticano contenga in sé i caratteri propri dei guasti che da tempo sono oggetto della battaglia per una giustizia giusta, intrapresa dai radicali allo scopo di mantenere in vita lo stato di diritto. 

 

È emerso come la situazione della giustizia nella Città del Vaticano abbia contorni estremamente preoccupanti, che rivelano una pericolosa deriva di stampo inquisitorio che finisce per minare la stessa credibilità della Santa Sede.

 

Da questo punto di vista, il caso del cardinale condannato fa da cartina di tornasole di una degenerazione che – come è  stato osservato – trova giustificazione anche nelle influenze esercitate dal modus operandi della giustizia in Italia.

 

“Il prelato sardo - riporta Rai News - ha sempre dichiarato la sua assoluta innocenza e ha parlato di una gogna pubblica di proporzione mondiale nei suoi confronti. Durante il primo capitolo del procedimento giudiziario sono stati contestati duramente dagli avvocati delle difese i Rescripta di Papa Francesco, sopraggiunti nel corso delle indagini, che ne avrebbero modificato le modalità, conferendo poteri eccezionali ai pubblici ministeri. Gli interventi del Pontefice, che nello Stato della Città del Vaticano detiene il potere legislativo, sono stati contestati perché, secondo i legali, avrebbero permesso al promotore - tra le altre cose - di selezionare a sua discrezione gli atti da consegnare alle controparti, per giunta riempiti di omissis”.

 

“… Del processo di primo grado celebrato in Vaticano contro il cardinale Becciu - ha scritto Luigi O. Rintallo  nella prefazione agli atti del convegno richiamato - , si può dire che rappresenta in pieno il concentrato degli effetti deleteri provocati dal combinato disposto di un’azione penale esercitata al di fuori dell’alveo del diritto, sull’onda travolgente di uno spregiudicato utilizzo mediatico della gogna volta a calpestare le persone in spregio alla verità.

 

Quasi un’epitome delle eredità lasciateci in questi decenni nei quali siamo precipitati nell’oscura notte della legge di Lynch e del pan-penalismo, che hanno contribuito a minare gli stessi fondamenti di una convivenza civile modificando persino i suoi connotati valoriali. 

 

Sconcerta che tale infezione abbia potuto attecchire così in profondità e condizionare anche l’operato degli organi giudiziari del Vaticano. A ripercorrere le sequenze che hanno portato al processo, ritroviamo la consecuzione degli stessi passaggi vissuti in altre simili vicende: prima la costruzione di un alone mediatico denigratorio, poi la divulgazione di dati tendenziosi e infine le accuse con l’ausilio di sicofanti in veste di collaboratori di giustizia…”. 

 

Proprio il ripetersi di queste modalità ha spinto a porsi dei dubbi, a chiedersi cosa favorisse l’unanimismo colpevolista a fronte dell’esilità dell’impianto accusatorio. Ne è derivato un rinnovato impegno a fornire elementi di confronto, nel rispetto di tutti gli attori coinvolti, ma anche con la determinazione di fissare dei punti fermi per scongiurare un ennesimo sfregio impresso dalla barbarie giustizialista.

 

Tra questi, risalta in primo luogo la necessità di chiarire come l’intera vicenda si collochi nel contesto di relazioni di potere, sia all’interno della Chiesa e sia in relazione a una serie di soggetti, operanti nei gangli vitali delle istituzioni, capaci di coartare o deviare interi processi decisionali favoriti da condizioni di sostanziale irresponsabilità. L’allestimento dell’azione giudiziaria conclusasi con la sentenza del dicembre 2023, per le forzature che l’hanno contraddistinta e per la caparbietà con la quale si è inteso trovare comunque un colpevole, ha fatto dubitare il «Catholic Herald» che dovesse piuttosto servire a distrarre da altro.

 

“… Dubbio più che giustificato - sottolineava Rintallo -, tenuto anche conto del fatto che l’abbrivio del turbine che ha travolto la figura del cardinale Becciu è partito da una campagna giornalistica, dai contorni opachi e che si aggancia alla intricata storia dei dossieraggi abusivi oggetto dell’indagine promossa a Perugia dal magistrato Raffaele Cantone. Quale sia stato il ruolo giocato dall’informazione è un altro elemento che andrebbe vagliato, perché descrive una situazione torbida che poco o nulla ha a che fare con le inchieste di una stampa protesa alla ricerca della verità, assumendo invece i tratti deviati di un giornalismo prono a servire e privo di reale indipendenza di giudizio…”.

 

Ernesto Galli della Loggia, don Filippo Di Giacomo, Giovanni Minoli, Lucietta Scaraffia, Otello Lupacchini, Andrea Gagliarducci, Vittorio Feltri, Sandro Magister e non molti altri giornalisti, commentari e intellettuali hanno scritto della vicenda Becciu. Questo fa capire meglio di altro quale sia il “clima” del diritto alla conoscenza nel nostro paese.

 

“Nel panorama della letteratura giudiziaria contemporanea, “IL CASO BECCIU (In)Giustizia in Vaticano” di Mario Nanni (recentemente scomparso), emerge come un’opera che trascende i confini del semplice resoconto processuale per diventare un’acuta riflessione sulla natura stessa della giustizia all’interno delle mura vaticane.

 

Il libro di Alberto Vacca Quer pasticciaccio brutto del processo Becciu. Un caso surreale di giustizia ingiusta è stata poi una occasione per ripercorrere le vicende del primo grado di un processo che ha suscitato dubbi decisivi che hanno rivelato come il processo avesse un sapore politico il cui esito era già deciso in anticipo.

 

Sostenere con forza l’esigenza di fare piena trasparenza sul caso Becciu è stato per Quaderni Radicali la doverosa necessità di ristabilire i criteri di civiltà giuridica dopo le dolorose lacerazioni alle quali si è assistito durante questa convulsa vicenda giudiziaria. Quando i principi dello stato di diritto vengono compromessi, si mettono in pericolo le fondamenta stesse dell’ordinamento sociale oltre che giuridico, perché si deteriora il tessuto connettivo che tiene insieme la comunità dei cittadini. 

 

Felice Manti, giornalista de Il Giornale, è stato uno dei più attenti cronisti che ha raccontato e continua a raccontare il Caso Becciu. Quella che segue è una conversazione, che si è tenuta in Agenzia Radicale Video, con il direttore di Quaderni Radicali Giuseppe Rippa, sui possibili sviluppi del processo di Appello.

 


- Processo Becciu, pagina nera Giustizia vaticana: l'appello. Conversazione Felice Manti - Geppi Rippa (Agenzia Radicale Video)

 

 


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