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19/04/24 ore

L’Eritrea è senza diritti umani


  • Francesca Pisano

L’Eritrea è ancora un Paese blindato. Qui la condizione dei Diritti umani è avvolta da una coltre di omertà e dalla mancanza di informazione diretta, trincerata dietro le mura che le autorità governative non permettono di oltrepassare. A farlo presente è Sheila Ketharuth, Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Eritrea, nominata dal Consiglio per i diritti umani, nel Settembre 2012.

 

Per sfondare la pellicola che soffoca la verità sulle violazioni, è entrata direttamente in contatto – fra il 22 e il 26 Settembre - con rifugiati e migranti presenti in Italia, in questo modo è possibile raccogliere da loro informazioni su quale sia la situazione attuale nel Paese. I risultati di questi incontri verranno resi noti nel giugno 2015 e saranno contenuti nel terzo Rapporto per il Consiglio dei diritti umani. Il metodo di confrontarsi direttamente con le numerosissime persone fuoriuscite dal Paese è stato utilizzato anche per la formulazione del secondo rapporto sui diritti umani in Eritrea, pubblicato nel Maggio scorso.

 

Già precedentemente, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di un anno fa, Keharuth aveva definito la situazione eritrea “disperatamente desolante”, tale da indurre a fuggire ogni mese persone in numero compreso fra le 2000 e le 3000, fra loro poi ci sono molti minori non accompagnati. Queste cifre, secondo l’UNHCR, fanno sì che l’emigrazione da questo Paese sia fra le più elevate, soprattutto se rapportata al totale della popolazione.

 

A determinarla sono la continua, ampia e sistematica violazione dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo, i limiti imposti alla libertà di pensiero, di opinione, di espressione e religiosa. Inoltre la coscrizione nazionale obbligatoria rappresenta nel Paese una pratica imposta che riguarda minori e adulti, senza distinzione di genere; le punizioni ad essa correlate sfociano nella tortura, nei trattamenti disumani e degradanti e nell’abuso sessuale che i superiori compiono sulle donne. Sono inferte poi forti limitazioni contro la libertà di movimento, come la detenzione arbitraria per chi prova a fuggire o è sospettato per questo, e ancora l’uso di sparare ad altezza d’uomo, per inibire ogni aspirazione. Non esistono standard internazionali cui uniformarsi nella determinazione dei luoghi in cui viene praticata la detenzione e, secondo il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, l’Eritrea non ha implementato le raccomandazioni contro le violazioni praticate, rilevate in occasione della prima Revisione Periodica Universale.

 

A conferma di ciò le autorità eritree hanno continuamente negato l’accesso nel Paese alla Relatrice Speciale sui Diritti Umani. Attualmente si trovano in condizione di detenzione giornalisti, militari e politici che hanno partecipato al golpe dello scorso gennaio, quando la tv di Stato e il Ministero delle comunicazioni sono stati occupati da un centinaio di membri dell’esercito. Il Consiglio ha richiesto che questi prigionieri vengano rilasciati e che non vengano più praticate violazioni dei diritti umani; con questa finalità è stata istituita una Commissione d’inchiesta presieduta dalla stessa Ketaruth.

 

Dall’ultimo rapporto sui diritti umani viene fuori inoltre un’esortazione nei confronti della comunità internazionale, affinché non indugi nel garantire la protezione delle persone che fuggono dall’Eritrea e soprattutto dei minori non accompagnati, in numero sempre crescente. Asmara, invece, mette in atto politiche che vanno contro l’emigrazione e contro il rilascio di passaporti e visti, costringendo la popolazione a cercare di andar via clandestinamente. Tutto ciò incita ulteriormente il traffico di esseri umani: per chi tenta di fuggire in questo modo il viaggio costa circa 3000 dollari a persona, solo per arrivare in Libia o in Egitto. Va aggiunto poi che intraprendere questa strada forzata vuol dire incappare in rapimenti, per i quali vengono richiesti riscatti elevatissimi, cui seguono in molti casi uccisioni, sfruttamento per il traffico di organi o per la prostituzione.

 

Nell’elaborazione del Rapporto sui diritti umani per l’anno 2014, sono emersi inoltre casi di rifugiati e richiedenti asilo che sono stati respinti “volontariamente” nel Paese d’origine. A tal proposito converrebbe continuare ribadire che la Convenzione contro la tortura e altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti, proclama il divieto di respingere o estradare una persona verso un altro Stato, qualora vi siano ragioni fondamentali di credere che possa essere sottoposto a tortura. E ancora, sta lì a sancire che, prima di farlo, “le autorità competenti devono tener conto dell’esistenza di pratiche quali gravi, palesi e massicce violazioni dei diritti umani” in quello Stato.

 

 


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