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03/05/24 ore

Pena di morte, Italia-Africa per la moratoria e l'abolizione


  • Francesca Pisano

“Un accordo per il rilancio di una nuova mobilitazione in Africa, a sostegno della Moratoria universale per le esecuzioni capitali che sarà al voto della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite”. Così Elisabetta Zamperutti, tesoriere dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, esprime il senso della Dichiarazione finale approvata durante Conferenza regionale sull’abolizione e la moratoria della pena di morte, che ha avuto luogo lo scorso 14 gennaio a Freetown, in Sierra Leone. Incontro questo che ha segnato una tappa nevralgica nel percorso di scambio, sviluppo e dialogo che l’Italia e l’Africa stanno costruendo dalla fine del 2013 e che vede la ministra Emma Bonino direttamente partecipe in alcune missioni in loco. 

 

La conferenza regionale, organizzata con il sostegno finanziario del Ministero degli esteri norvegese, si è svolta in due sessioni: la prima ha riguardato il processo di revisione costituzionale in Sierra Leone proprio per arrivare all’abolizione della pena capitale, la seconda ha avuto ad oggetto discussioni per l’adozione di un Protocollo addizionale alla Carta Africana, incentrato sull’abolizione della pena di morte. Sono stati così “ribaditi i principi, legati alla cultura e alla tradizione africana, per cercare di perseguire una giustizia che sia riconciliativa” e che abbia fini pacifici, senza demolire l’esperienza delle vittime.

 

Proprio dall’Africa, infatti, negli ultimi anni sono arrivati i più importanti e numerosi segnali di partecipazione al processo abolizionista mondiale, basta citare la posizione assunta a riguardo da Stati come il Ruanda, il Burundi, Gabon, Togo e Benin.

 

Gli impegni assunti con la Dichiarazione finale emanata a Freetown, in Sierra Leone, sono quindi finalizzati “a limitare progressivamente l'uso della pena di morte e ridurre il numero dei reati per i quali può essere imposta” e “a fare tutto il possibile per sollecitare i Membri del Parlamento, la Società Civile, i leader tradizionali e religiosi a lavorare insieme a livello nazionale, regionale e internazionale per sostenere la campagna mondiale contro la pena di morte”.

 

Questi principi avranno un significato tangibile se verrà mantenuto un impegno concreto, impiegando risorse e strumenti volti a sostenere questa mobilitazione. In tal senso, il prossimo passo sarà la Conferenza continentale finalizzata a preparare il voto all’Onu a favore della Risoluzione per una moratoria universale delle esecuzioni.

 

L’incontro a carattere continentale si svolgerà in Benin, il Paese ha offerto il suo supporto per la preparazione e il Presidente ha annunciato una visita ufficiale in Italia per procedere sulla strada del confronto su queste tematiche. “Siamo assolutamente interessati a partecipare all’organizzazione di questa conferenza, magari anche con altri Paesi europei” ha dichiarato Bonino, confermando la posizione del Paese che anche col Benin intrattiene relazioni nell’ambito dell’Iniziativa Italia – Africa.

 

Un percorso questo attualmente in costruzione e che ha visto lo svolgimento, nei giorni scorsi, di una seconda fase in Sierra Leone appunto e in Costa d’Avorio. Nel primo Stato ha avuto rilievo inoltre il confronto basato sulla tutela dei diritti umani e sulla difesa delle donne. In ambito economico poi, la partnership con l’Italia ha ad oggetto l’agricoltura, il turismo, il settore minerario, le infrastrutture, la sanità e l’istruzione.

 

Anche la Costa d’Avorio sta edificando un grande piano economico fondato sulle piccole e medie imprese nell’agroalimentare, le infrastrutture quali ferrovie regionali, l’edilizia popolare, la tutela dell’ambiente e la difesa. Uno Stato in cui “la riconciliazione funziona” - sostiene Bonino - mantenendo accesa l’attenzione sui diritti dell’uomo, i principi dei trattati internazionali, la corte internazionale e la pena di morte. Si tratta di realtà che hanno vissuto oltre dieci anni di guerra civile e che dovranno farcela per abbandonare definitivamente le classifiche di cui fanno parte per il più basso indice di sviluppo umano o perché sono fra i Paesi più poveri al mondo.

 

 


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