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12/10/24 ore

Rolling Stones a Roma


  • Giovanni Lauricella

Unico concerto in Italia nella forse ultima tournée dei Rolling Stones, il più famoso gruppo inglese degli anni '60 ancora in vita. L'evento è quello che si è svolto a Roma nella preziosa cornice  dei ruderi romani del Circo Massimo. Antichità che storicizzaronono l'impero più grande di tutti i tempi e un complesso musicale che nella contemporaneità ne segue magicamente l'esempio.

 

Non a caso tantissima gente, settantamila, compreso una sterminata folla che fuori tentava di di sbirciare e ascoltare quello che poteva dagli sbarramenti eretti a difesa dell'area musicale.

 

Un evento che ha fatto il pienone di Vip e politici di cui le cronache mondane sono piene, un concerto musicale che ha dato quello che ci si poteva aspettare da questi incredibili leoni del rock forse simpaticamente freddi, si sono concessi alcune battute in italiano per scaldare la folla, ma non hanno dato più del necessario.

 

I brani storici non sono mancati ma non hanno cantato quelli più recenti e dove, dovevano dare di più, in due brani blues hanno stentato a farlo. Inizia con Keith Richards in Jumpin' Jack Flash, seguito da Mick Jagger, Ron Wood, Charlie Watts e tutti gli altri musicisti della tour band per il “14 On Fire Tour”, così si è chiamata questa serie di concerti. Let's Spend The Night Togetheter,It's Only Rock And Roll (But I Like It),Tumbling Dice tratti dagli ultimi album A Bigger Bang: la romanticissima Streets Of Love, poi Doom & Gloom.Mentre, a richiesta del pubblico dei social network, solo per Roma, Respectable. Ospite John Mayer e il basso Di Darryl Jones che introduce la notturna e suburbana Out Of Control, Honky Tonk Women.

 

I meno efficaci blues eseguiti quasi in sordina e con poco calore di You Got The Silver, Can’t Be Seene Midnight Rambler. Poi Miss You, Gimme Shelter, Start Me Up, Sympathy For The Devil, Brown Sugar, per i bis, You Can't Always Get What You Want,I Can'T Get No (Satisfaction).

 

Concerto comunque esaltante per chi ama i Rolling, si vedeva Mike Jager in gran forma che aizzava la folla freneticamente avanti e indietro lungo tutta la lunghezza e la larhezza del palco e un  un Keith Richards che gli dava sostegno egregiamente anche se non sono mancate le stecche che come tutti i grandi maestri le esibiscono come se fossero delle chicche da non perdersi.

 

Un mito che in passato rappresentava la frattura generazionale ma che adesso ha unificato due o più generazioni ed in particolare non è più la musica di quelli d'avanguardia, degli evoluti diversi dalla massa, perchè adesso sono diventati l'omologazione di massa.

 

Bastava andare tra alcune fila che la “fauna” umana era di tutti i tipi e di tutte le specie quando in passato erano tutti rigidamente Freak riconoscibili dall'abito e dai capelli lunghi ad un miglio di distanza.

 

Come già accennato prima, era importante esserci e tutti gioivano di questo, è stata una festa il resto importava meno.

 

 


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