Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

12/12/24 ore

All We Imagine As Light-Amore a Mumbai, di Payal Kapadia. Premiato a Cannes


  • Giovanna D'Arbitrio

Presentato a Cannes dove ha vinto il Gran Premio della Giuria, All We Imagine As Light- Amore a Mumbai, scritto e diretto da Payal Kapadia, è centrato sul tema della condizione femminile in India.

 

Il film racconta la storia di due donne: Prabha (Kani Kusruti), un’infermiera del reparto ginecologico di un ospedale di Mumbai, con un matrimonio combinato ha sposato un uomo che si è trasferito in Germania, senza farsi più sentire. 

 

Improvvisamente riceve un regalo dal marito (una costosa pentola a vapore per cuocere il riso) che riaprirà dolorosi ricordi. La sua compagna di stanza Anu (Divya Praha), invece si ribella contro un matrimonio imposto, poiché è innamorata di Shiaz, musulmano non accettato dalla sua famiglia indù. 

 

Le due donne sono molto diverse: Prabha non riesce a sperare in un futuro migliore, poiché pensa che "non è possibile sfuggire al proprio destino"; Anu cerca di reagire afferrando ogni occasione di incontro con Shiaz, incurante della nomea di sgualdrina affibbiatale da altre infermiere. 

 

Ad entrambe vengono imposte regole bigotte, la prima ne è vittima e non riesce a opporsi, la seconda combatte contro di esse. C’è anche una terza donna nel film, Parvati, un’anziana infermiera, sfrattata dalla casa in cui ha vissuto per 22 anni. Anu eShiz decidono di accompagnare Parvati al suo villaggio di origine, cercando un luogo dove essere liberi.

 

Colpiscono le immagini dell’affollata metropoli di Mumbai, in gran parte "costruita dalle mani della povera gente”, con abitazioni simili ad alveari dove solo i sogni aiutano a vivere poiché "bisogna credere nelle illusioni, altrimenti si impazzisce", una città la cui società impone regole rigide soprattutto alle donne.

 

Credo che determinate esperienze del passato siano in grado di condizionare le persone e aiutarle a capire chi siano   veramente - ha affermato la regista -. Sono cresciuta in un ambiente dove erano presenti per lo più donne ed ero interessata ad analizzare quel rapporto di sorellanza che si crea tra esse e come spesso, in un paese come il mio, la gerarchia della società metta in difficoltà tali rapporti. Inoltre, volevo mostrare la dinamica tra persone appartenenti a diverse generazioni e come non ci sia sempre supporto tra queste. Spero davvero in un cambiamento nel futuro, questo pensiero è stato sempre presente nella mia testa ed è stato naturale inserire questa tematica all’interno del film”.

 

Nell’intervista Payal ha messo in rilievo il motivo dei colori diversi nel film: nelle scene di Mumbai prevale il blu, poiché durante la stagione dei monsoni la luce diventa blue dando una sensazione di magia. Inoltre, per le piogge torrenziali, la gente mette dei teli di plastica blu per coprire le abitazioni. Nella II parte del film ambientata in un distretto del sud, invece, prevale il colore rosso per la caratteristica pietra rossa della zona con la quale sono costruite le abitazioni. 

 

Un film delicato e intenso, supportato da bravi interpreti come Kani Kusruti, Divya PrabhaChhaya Kadam, Hridhu Haroon. La fotografia è di Ranabir Das, le musiche sono di Emahoy Tsegué-Maryam Guèbrou, compositrice africana morta lo scorso anno

 

Payal Kapadia, regista e sceneggiatrice indiana, ha al suo attivo A Night of Knowing Nothing, un documentario (2021) e i cortometraggi Watermelon, Fish and Half Ghost (2014), The Last Mango Before the Monsoon (2015), Dopahar ke bādal 2017), And What is the Summer Saying? (2018)

 

Ecco un’esclusiva clip del film (da Coming Soon).

 

 


Aggiungi commento