Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

02/05/24 ore

L'ultimo lupo



"L’ultimo lupo" di Jean Jacques Annaud tratto dal libro "Il totem del lupo" di Jiang Rong, evidenzia ancora una volta l’interesse del regista verso natura e animali.

 

Il racconto inizia durante la Rivoluzione Culturale maoista, quando lo studente Chen Zhen viene mandato con un suo amico in Mongolia per alfabetizzare una comunità di pastori nomadi.

 

Qui subisce il fascino di una cultura antica in cui gli esseri umani vivono ancora in armonia con la natura, integrati in un ecosistema equilibrato in cui hanno imparato a convivere con i lupi accettando i principi di una sorta di catena alimentare, come spiega il saggio capo della tribù: le gazzelle brucano l’erba delle vaste praterie, un danno per la pastorizia, ma i lupi ne sbranano molte e i loro corpi conservati sotto i ghiacci diventano una riserva di cibo per pastori e lupi durante i mesi invernali.

 

Purtroppo in Mongolia il governo decide poi di mandare ottusi burocrati che ingaggiano una crudele lotta con i lupi uccidendone i cuccioli, per favorire l’avanzata del progresso con nuove attività sul territorio: l’antico equilibrio tra uomo e natura viene distrutto. Malgrado incredibili difficoltà e violenti scontri tra uomini e lupi, Chen comunque riesce a salvare un cucciolo e ad allevarlo con amore: l’ultimo lupo è salvo e un giorno sarà liberato e reinserito nel suo habitat.

 

Il cielo gli sorride, approvando la sua scelta, e disegna con le nuvole una forma di lupo: nelle solitarie steppe del deserto mongolo il contatto con "il divino" appare ancora vicino e immanente, non trascendente e lontano come nelle affollate città industrializzate.

 

Un film emozionante, decisamente bello, che descrive una terra selvaggia in cui soffiano venti violenti e tempeste di neve, ma dove brilla anche il verde dei prati in grandi vallate illuminate dal sole e racchiuse tra i monti sui quali abitano i lupi, creature ancestrali e fiere che uccidono gazzelle solo per sfamarsi (eccellente fotografia di J. M. Dreujou).

 

J. J. Annaud, regista poliedrico, autore di film di successo (Il nome della rosa, Il nemico alle porte ecc.), in quest’opera ritorna  ai suoi temi preferiti : il rapporto tra uomo e animali (L’orso, Due fratelli), il fascino di mondi esotici e lontani (Sette anni in Tibet, Bianco e nero a colori, L’amante, Il principe nel deserto).

 

Giovanna D’Arbitrio

 

 


Aggiungi commento