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12/10/24 ore

Torino Film Festival 2014, cambia la Direzione ma il livello resta alto



di Vincenzo Basile

 

Dopo le precedenti gestioni nel ruolo di  vice Moretti, Amelio e Virzì, Emanuela Martini si aggiudica quest’anno la direzione del festival. E con essa l’irrisolta questione delle sale ingolfate da pubblico in esubero o marasma logistico; fatto sta che il nervosismo serpeggia nelle sale dove bollini gialli e biglietti blu si contendono il macchinoso ingresso agli spettacoli. La qualità della selezione dei film in concorso rimane per fortuna (o merito della neodirettrice) di alto livello e gran varietà.

 

Due opposte sfumature d’Amore aprono la 32esima mostra del Cinema di Torino. MAGIC IN THE MOONLIGHT, ultima fatica intrigantemente Shakespeariana di Woody Allen e THE DUKE OF BURGUNDY un sofisticato melò erotico, devoto a Celine, Masoch, De Sade e …Polansky, di Peter Strikland, quarantenne regista inglese già Orso d’Argento a Berlino, al suo terzo lungometraggio.

 

 

Nella prima, il regista newyorkese padroneggia con raffinato mestiere i suoi più amati strumenti: l’humor inglese, l’ambientazione belle époque (questa volta è la Costa Azzurra) e le iper razionali nevrosi dell’alter Ego di turno, un insolito Colin Firth nel ruolo di un famoso prestigiatore e abile smascheratore di falsi veggenti.

 

 

Nella seconda,  sono i sottili, consueti ribaltamenti dei ruoli vittima-carnefice, sottostanti gli ossessivi rituali delle due amanti, a ipnotizzare l’attenzione dello spettatore di una storia ambientata in un imprecisato centro Europa, nei primi anni ’60. Trama, recitazione e regia ricche di sorprese e toni variabili dal comico al grottesco e dal drammatico alla satira di costume. Primo candidato di questa edizione a un importante riconoscimento.

 

STELLA CADENTE, dello spagnolo Luis Minarro è la storia del breve regno di Spagna di Amedeo di Savoia, chiamato dalle Cortes nel 1870 a restaurare la monarchia borbonica rimasta senza successione. Le progressiste intenzioni del Re si scontrano però con il corrotto conservatorismo dei poteri forti dell’epoca e l’abdicazione ne sarà l’inevitabile esito, con il rientro all’avita Torino a solo due anni dall’incoronazione.

 

 

 

Nonostante la scrupolosa ricostruzione storica, il film mostra alcune incongruenze: la sceneggiatura (postmoderna?) intrufola canzoni romantiche successive di cent’anni, gaiamente danzate dal sovrano. Una fotografia che, esemplare per resa cromatica, mischiando Goya e Klimt scombina sia l’atmosfera d’epoca che l’effetto degli sfarzosi costumi i quali, al contrario, contestualizzano puntualmente l’insieme.

 

Superflui, inessenziali, alcuni episodi di erotismo omosessuale, maldestra commemorazione di altre scuole, da Zeffirelli a Visconti, di cui si stenta a discernere la coerenza e il senso della loro collocazione nella storia e nel suo sviluppo. Non mancano riferimenti e incursioni visive nella tradizione Bunueliana che però non bastano e non riescono da soli ad impreziosire un film ridondante, lento, discontinuo.

 

Eleonora Danco è attrice attivissima già dal 1998 con "Ragazze al Muro", nel 2000 con "Nessuno ci guarda" e fino all’ultima produzione teatrale con "Donna numero 4".

 

 

I suoi spettacoli sono stati prodotti dai teatri stabili di Parma, Roma, Napoli, da Expo 2015 e dalla Triennale di Milano. Ha inoltre lavorato con Nanni Moretti, Marco Bellocchio, Pupi Avati, Ettore Scola, Vittorio Gassman e Gigi Proietti. N-CAPACE è il suo primo lungometraggio.

 

Nel quale si mostra vagare tra Terracina e Roma alla ricerca di risposte ai quesiti che pone a chi le capita, su vita, morte e amore. Sempre in pigiama bianco, porta con sè il letto che fa da palcoscenico e scena invariabile per le situazioni che crea in strada, ovunque capiti. Pur ricco di intenzioni il risultato più forte è certo quello strettamente documentaristico mentre la presenza dell’autrice-attrice risulta insufficiente nel mostrare il denso strato di personale sofferenza nevrotica che è poi la molla e il nucleo della sua drammaturgia.

 

 

UNA NOBILE RIVOLUZIONE  è la toccante ricostruzione della vita di Marcello Di Folco, attore felliniano in gioventù, pesce pilota del Piper romano negli anni d’oro di Mal e Patty Pravo (ma anche di Duke Ellington, Jimi Hendrix, Procol Harum, Pink Folyd e molti altri) diventato poi Marcella, a Casablanca.

 

Attivista di punta per i diritti umani di gay e transessuali già nei primi anni ’80 a Bologna e Roma e poi presidente del MIT (Movimento Transessuali Italiani) fu sostenuto, tra gli altri, da due sue creature: Nichi Vendola e Vladimir Luxuria. Abbondante la quantità di filmati d’epoca e di interviste e chi, noti e meno noti, l’hanno conosciuto e ne hanno tratto insegnamenti di vita e impegno sociale. Di Simone Congelosi.

 

 

 

WIR WAREN KONIGE (THE KINGS SURRENDER) opera seconda del tedesco Phillip Leinermann, è un poliziesco cupo, violento, dal ritmo avvincente, atipico nel passare dall’azione più serrata a lunghe sequenze in cui i personaggi, poliziotti dei tedeschi reparti speciali SWAP e criminali di bassa lega dediti allo spaccio riflettono, tra una rissa e un linciaggio, su conseguenze e sviluppi di una guerriglia urbana in cui gli schieramenti appaiono a tratti indistinti. Tra di loro Sajid, un ragazzino arabo che emulando i suoi eroi del male contribuisce involontariamente all’escalation di violenza sanguinaria. Lealtà, amicizia, giustizia e legalità sono i temi conduttori di un film tutto al maschile scandito da rese dei conti mai definitive e continui confronti morali tra uomini pronti a morire per i rispettivi branchi di appartenenza.

 

 


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