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12/10/24 ore

Joe Wright si improvvisa marionettista con la sua “Anna Karenina”



La passione di Joe Wright per Keira Knightley non è una novità. Dopo “Orgoglio e pregiudizio” e “Espiazione”, il regista londinese la sceglie, ancora una volta, come prima protagonista del suo nuovo film “Anna Karenina”, tratto dall’omonimo romanzo di Lev Tolstoj.

 

La storia ha ormai quasi duecento anni e a conoscerla siamo in tanti, attraverso le pagine antiche di libri impolverati, grazie a una ventina di pellicole mute e non o anche solo per sentito dire (per i meno fortunati). Riproporla nel 2013 necessita quindi di una rottura brillante che renda la pellicola ancora una scoperta. Cosi Joe Wright si trasforma in un colossale Mangiafuoco e pensa alla storia di Anna Karenina come a uno spettacolo di burattini.

 

L’ambientazione dell’intero film si esaurisce sul palcoscenico di un teatro e dietro le quinte dello stesso, nello spazio riservato al pubblico e sul graticcio, tra corde e polvere. Una cornice originale quindi, che penalizza quasi per nulla l’esito della pellicola, riproducendo la claustrofobia classica della società zarista del 1800.

 

Anna, moglie altolocata del funzionario zarista Aleksej Karenin (formidabile Jude Law), e  madre di Serëža, è una donna che sperimenta l’amore puro e passionale in un mondo in cui non le è permesso. E’un’eroina moderna prigioniera in un’epoca che non le si addice, una gentildonna spaventata dalle ipocrisie del suo tempo e elettrizzata dalle emozioni che le graffiano il cuore.

 

Incontra il conte Vronskij (Aaron Johnson) casualmente, scendendo da un treno diretto a Mosca, e ne fa l’oggetto del suo più importante desiderio. In una società in cui “le regole (non tanto le leggi) non si possono infrangere” , l’adulterio viene considerato come il peggiore dei mali esistenti, tanto quanto lasciare un figlio e un marito. Intrepida, prova a resistere agli sguardi della gente, all’isolamento, alle maldicenze e alle chiacchiere, rifugiandosi, giorno dopo giorno, unicamente nel suo innamoramento.

 

Purtroppo però capisce che non è sufficiente, che la mancanza di una serenità interiore influenza anche il più nobile dei sentimenti, che l’importanza di condividere valorizza e fortifica l’affetto e sceglie così di rinunciarvi per sempre.

 

Viene realizzata così una pellicola che rapisce dall’inizio alla fine, che oltre a solleticare i sentimenti, stimola e sollecita riflessioni interessanti sulla figura femminile e sul coraggio che ogni giorno dovrebbe assumersi per rincorrere la Sua felicità. È una pellicola impreziosita dalla bellezza dei costumi e dei gioielli tipici della Russia zarista. Il film ha inoltre ottenuto quattro candidature Oscar: per i costumi di Jaqueline Durran, per la scenografia di Sarah Greenwood, per la fotografia di Seamus McGarvey e per la colonna sonora dell’italiano Dario Marianelli.

 

Chiara Cerini

 


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