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04/11/24 ore

Saluzzo o le 120 Giornate di Sodoma



di Camillo Maffia

 

Un recente episodio della trasmissione “Mistero” ci fa riflettere sulle possibili forme di sciacallaggio che si consumano sullo sfondo della controversa questione delle “sette sataniche” e, più in generale, delle “sette religiose”. Ho già parlato del caso di Saluzzo, una triste vicenda di suicidi in età adolescenziale che sembra in qualche modo collegata (ma questo lo stabilirà l’iter giudiziario) con un professore che avrebbe intrecciato relazioni sentimentali con alcune studentesse.

 

Nel tentativo sensazionalistico d’infilare a tutti i costi in questa vicenda misteriose “sette sataniche”, in virtù del fatto che alcuni studenti sarebbero accaniti lettori di Anton La Vey, fondatore nel 1966 della legale e legalitaria Chiesa di Satana di San Francisco, la trasmissione “Mistero”, mostrando in modo insistente dati e tratti di una delle ragazze suicide, si rivolge a una sensitiva che cerca di entrare in contatto con l’anima della defunta.

 

Lo show è garantito, e la sofferenza dei familiari, costretti a ingurgitare queste forme di speculazione sul suicidio della loro giovane figlia, sorella o cugina, è un prezzo che bisogna essere pronti a pagare, perché lo spettacolo vergognoso che offre la irresponsabile speculazione mediatica sulla delicata questione delle “sette” deve continuare, e spesso ai danni degli innocenti.

 

Dopo le fondate polemiche sulla utilità e perfino sulla costituzionalità della Squadra Anti-sette della Polizia di Stato, la senatrice Alberti Casellati ha presentato come prima firmataria un’interrogazione parlamentare in cui propone la creazione di una MIVILUDES italiana (controverso organismo governativo francese accusato da varie ONG di violare i diritti umani fondamentali, fautore di una politica che è costata alla Francia tre condanne dalla Corte di Strasburgo), con lo scopo di un controllo ancora maggiore sulle cosiddette “derive settarie”.

 

Di quali “derive settarie” si parli a tutt’oggi non è chiaro: non un solo procedimento in tribunale ha mai portato, nella storia della Repubblica, a certificare l’esistenza di una delle “psico-sette” rappresentate con tanta fantasia dalla informazione generalista. Ci sono stati semmai cospicui risarcimenti, come quello di centomila euro elargito a Marco Dimitri (Bambini di Satana) per i quattrocento giorni di ingiusta detenzione, o sentenze che hanno smontato esplicitamente il teorema della “psico-setta”, come nel caso Arkeon, perché i casi di malagiustizia hanno un costo non solo umano, ma anche economico, e si vanno a sommare ai milioni di processi arretrati che si dovrebbe quanto prima estinguere con una irrimandabile amnistia.

 

Ma anziché pensare a come estinguere i reati per risolvere l’emergenza carceraria, se ne propongono di nuovi, rilanciando il “reato di manipolazione mentale”; e negli stessi giorni in cui qualcuno invoca queste leggi restrittive contro le sette in Italia, a Parigi Rudy Salles, collaboratore di Georges Fenech, esponente della FECRIS, sembra puntare addirittura a una MIVILUDES europea, presentando al Consiglio d’Europa un rapporto, già confutato in varie sedi, sulla protezione dei minori dalle derive settarie.

 

La FECRIS, a cui appartengono anche i principali gruppi anti-sette italiani, è l’associazione francese che ha suscitato preoccupazione a livello internazionale per via del pericolo che rappresenterebbe per i diritti delle minoranze religiose, stabilendo una linea di demarcazione arbitraria tra religione e “setta” con lo scopo di combattere queste ultime, e che ha sostenuto il riuscito obiettivo, perseguito anche dagli anti-sette nostrani, di far approvare in Francia una versione aggiornata del reato di plagio ideato dal regime fascista per perseguitare i dissidenti, mai applicato fino al caso Braibanti, che dopo la lotta solitaria di Marco Pannella e le proteste di intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Mauro Mellini ed Elsa Morante fu abolito nel 1981 per via della sua palese incostituzionalità dalla Corte Costituzionale.

 

Il modello francese è stato esportato in Belgio, dove tra le “sette pericolose” figura la Comunità di Sant’Egidio: una sorta di maccartismo religioso in cui si finisce facilmente, dunque, nella “black list” dei “gruppi settari”, e che qualcuno vorrebbe applicare anche da noi, senza rendersi conto che una maggiore laicità non si ottiene attraverso la stigmatizzazione dei gruppi religiosi, ma mediante un’azione riformatrice che fornisca innanzitutto un quadro legislativo adeguato, evitando falsi laicismi, equiparando diritti e doveri dei gruppi religiosi, spirituali, non credenti e atei.

 

Il costo umano delle politiche anti-sette è già stato sollevato sia in sede OSCE/ODIHR che negli spazi in cui minoranze religiose come Damanhur raccontano vicende di grave sofferenza, a causa di blitz e raid che, fin dal 1991, non hanno mai sorpreso la comunità in possesso di droga, armi o altro materiale illecito, e di procedimenti legali che si sono conclusi con l’assoluzione degli indagati.

 

Sono stati raggiunti livelli forse ancora più eclatanti con il caso Ananda Assisi, i cui membri sono stati scagionati dalle accuse di riduzione in schiavitù, circonvenzione d’incapace, truffa e usura dopo quattro anni di campagne mediatiche, il sequestro di 20 mila euro e l’arresto di 11 membri. Senza contare che la “lotta alle sette” ha già comportato martiri veri e propri, purtroppo, come dimostra la drammatica vicenda di don Giorgio Govoni, assolto dopo 15 anni dalle accuse legate al presunto satanismo, ma morto prima di veder riabilitato il proprio nome.

 

Ma se il costo umano è chiaro, e dovrebbe suggerire ai compagni dell’anti-sette un cambiamento di rotta anziché un rafforzamento delle proprie posizioni, il costo economico, invece, è ancora da quantificare, dato che, nonostante gli ingenti tagli subiti dalle forze dell’ordine e ben tre interrogazioni parlamentari, nessun governo ci ha ancora detto quanto costa e a che serve una squadra anti-sette in un paese in cui i casi di “setta” hanno portato appunto a gravi casi di malagiustizia, che vanno considerati non solo per via delle sofferenze di chi li ha subiti, ma anche come risposta sbagliata alla giusta richiesta di tutelare il singolo da eventuali truffe, abusi o di agevolarne il reinserimento sociale dopo una lunga esperienza d’isolamento presso una comunità religiosa.

 

Vanno considerate, inoltre, le implicazioni democratiche del materiale pubblicato da www.liberocredo.org, in cui una serie di dispacci intercettati e messi in rete suggerisce un inquietante intreccio tra forze dell’ordine e privati cittadini, che sarebbe volto a scatenare le “campagne anti-sette” da un lato e a zittire qualunque dissidente dall’altro, come appare scorrendo la preoccupante ricostruzione dei “dietro le quinte” nel caso Di Marzio.

 

La studiosa fu accusata di essere il “guru” della “psico-setta” Arkeon a causa del fatto che aveva aperto uno spazio sul suo sito web, che fu chiuso dalla Digos, in cui essendo sostenitrice di un approccio dialogico lasciava che membri ed ex-membri della comunità Arkeon si confrontassero, dopo che lei stessa era giunta pubblicamente alla conclusione che Arkeon non presentava le caratteristiche dei gruppi settari. La denuncia alla studiosa fu archiviata e il tribunale dimostrò che Arkeon non era una psico-setta.

 

Sarà vero quanto denunciato da Libero Credo? Questo non possiamo dirlo, ma senz’altro possiamo quantificare il costo delle varie operazioni giudiziarie istradate a partire dal teorema della “setta” e culminate sistematicamente nell’assoluzione degli innocenti dopo lunghi calvari: trent’anni di casi infondati e di continue sofferenze da parte delle vittime di un approccio che, a conti fatti, si è rivelato dannoso, dovrebbero bastare non solo a fare un salto indietro davanti alla richiesta di aprire una MIVILUDES in Italia, ma anche a riconsiderare le modalità e l’esistenza stessa della Squadra Anti-sette.

 

In un’ottica non liberale, ma non necessariamente illiberale, che non tenga conto dei fallimenti dell’approccio securitario alle problematiche di tipo sociale, sarebbe comprensibile una squadra di polizia che si occupi degli abusi in ambito religioso, una volta chiariti i costi in proporzione ai risultati: ma considerando che in questo settore la maggiore preoccupazione è destata dallo scandalo dei preti pedofili in Vaticano, sul quale incombono le richieste puntuali delle Nazioni Unite, e considerato anche il fatto che la mancata consegna alla giustizia dei sacerdoti molestatori può a tutt’oggi provocare nuove molestie sessuali sui minori, appare difficile giustificare un dipartimento delle forze dell’ordine che si occupa invece solo delle “sette”, quasi a voler punire il crimine senza però pestare i piedi alle grandi religioni organizzate.

 

Per di più la Squadra Anti-sette ha come referente principale un prete cattolico, don Aldo Buonaiuto, che i Radicali ricorderanno perché si scagliò fra i primi contro Beppe Englaro, all’insegna di un concetto della laicità dello Stato che poco si addice al referente di un dipartimento di polizia in un paese democratico. Lo stesso Buonaiuto, inoltre, è stato indagato nel 2003 per violenza sessuale su un bambino di cinque anni e il suo caso fu archiviato nel 2004: all’epoca dei fatti fu circondato da un sano garantismo che non ha ritenuto di osservare quando dichiarava poi alla stampa l’esistenza di bambini sacrificati in nome di Satana, mai esistiti neppure nelle indagini preliminari, durante le sue esperienze come consulente per i cosiddetti “casi di setta”.

 

I convegni sulle “sette” che vedono protagonista don Buonaiuto, infine, si tengono nell’Ateneo Regina Apostolorum dei Legionari di Cristo, il movimento fondato da padre Maciel che scatenò uno dei più gravi casi di abusi sui minori mai verificatosi in ambito religioso. E’ quindi evidente come una “lotta alle derive settarie” condotte a spese della laicità dello Stato indica già di per sé un possibile elemento alla base degli esiti di tale azione.

 

Don Aldo Buonaiuto, sul Velino dell’8 febbraio scorso, ha criticato aspramente il Rapporto del Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia riferito alla Santa Sede, senza considerare forse che i minori vittime degli abusi da parte dei sacerdoti cattolici dovrebbero essere tutelati esattamente come i minori vittime degli abusi di movimenti religiosi e spirituali differenti, qualora tali abusi fossero comprovati.

 

Ciò sia detto ribadendo che se si decidesse, ipoteticamente, di tracciare una linea di demarcazione che vedesse la Chiesa Cattolica finire, in virtù di ciò, insieme a Scientology o alla Comunità di Sant’Egidio in un elenco delle “sette pericolose”, ciò avverrebbe esclusivamente a discapito dei singoli parroci che non hanno mai praticato molestie sessuali, senza arrecare molti vantaggi alle vittime di abusi.

 

Buonaiuto è inoltre tra i promotori della “Marcia per la vita contro l’aborto”. Apprendiamo in questi giorni che Valentina Magnanti, 28 anni, affetta da una grave malattia genetica e costretta a interrompere la gravidanza al quinto mese, è stata abbandonata in un bagno d’ospedale a partorire un feto morto per via dei troppi medici obiettori, un problema alla base del fatto che l’Italia è stata condannata dall’UE per violazione della legge sull’aborto e dei diritti delle donne. La protagonista di questa tragedia evitabile ha raccontato: “Mentre ero lì stravolta dal dolore entravano degli attivisti anti aborto con Vangeli in mano e voci minacciose”.

 

Ecco, io credo che i compagni dell’anti-sette dovrebbero riflettere su questo. Condividiamo il fatto che ogni forma di fondamentalismo religioso avvenga ai danni dei diritti fondamentali della persona, indipendentemente dal gruppo che la persegue. Ci si chiede quindi come sia possibile conciliare la tutela dalle cosiddette “sette” (quindi si suppone movimenti religiosi illiberali, fondamentalisti, chiusi verso l’esterno) con l’avallo di forme di oltranzismo clericale tanto incompatibili con lo Stato di diritto da condurre l’Italia in una condizione di flagranza di reato.

 

In ogni caso, se la polizia di Stato si rivolge al sacerdote di qualunque confessione per valutare il livello di pericolosità dei membri di altri gruppi religiosi o spirituali, questo non può avvenire che a discapito della laicità e delle pari opportunità religiose.

 

Con il giusto obiettivo della protezione dei minori, quindi, il rischio è però di proseguire verso un ulteriore affossamento dello Stato di diritto, di compiere un ulteriore passo nella direzione della prevalenza della ragion di Stato che ha, per sua natura, come unico esito l’arbitrio incondizionato della stessa, l’orgia del potere.

 

Le piccole Saluzzo, già sconvolte da discutibili strumentalizzazioni, diventerebbero autentiche Salò pasoliniane, in cui la pulsione sadico-anale del regime, cantando la nostalgia del codice penale fascista, finirebbe con lo sfogarsi su quei deboli che verrebbero, dall’oggi al domani, definiti “setta” e morti quindi per il mondo, spogliati, sottoposti a raid, procedimenti penali, gogne mediatiche, puniti per ogni singolo atto religioso.

 

La piccola comunità religiosa diventerebbe giocoforza un nido in cui il cuculo si andrebbe a insediare, per instaurare il suo personale manicomio in cui ogni dettaglio deve essere controllato, ogni forma di diversità mentale o spirituale costituisce devianza, lo spirito d’iniziativa diventa follia, la rivolta interiore si trasforma in “manipolazione mentale”.

 

L’inadeguatezza del modello francese è già stata acclarata dalla terribile vicenda di Richard Grey diviso da suo figlio in quanto ebreo ortodosso, riportata dai giornali nell’aprile dello scorso anno. Non meno grave il caso del medico incalzato da un’associazione anti-sette, in qualità di membro di un gruppo induista e quindi di una “setta pericolosa”, la cui campagna diffamatoria ha trovato credito presso le istituzioni, così conformate proprio in virtù di un modello pericoloso da importare, le quali hanno inevitabilmente fatto propria la violenza delle accuse, generando nel soggetto una sofferenza tale da condurlo a un suicidio evitabile.

 

Ma si potrebbe citare anche l’emblematico caso, nel 2003, dei genitori sotto indagine perché appartenenti a una “setta”, costretti a difendersi per non farsi portar via le loro figlie piccole mentre il figlio più grande giaceva in ospedale malato di leucemia, e poi assolti dopo che il bambino era già morto.

 

In Italia, benché ancora non si siano fortunatamente adottate misure istituzionali paragonabili a quelle francesi, abbiamo però già assistito a vicende gravi, come le lettere diffamatorie spedite alla scuola frequentata dai figli di Vito Carlo Moccia, perché questi era stato ingiustamente dipinto come “guru” della “setta” Arkeon, o il raid a Osho Campus nel 2007, passando per i cinque imputati assolti dopo lo strazio di Rignano Flaminio, per risalire fino al rapimento ai fini della “deprogrammazione” della scientologa Alessandra Pesce sollevato in Parlamento da Mauro Mellini nell’83, fino alla ragazza incinta accusata di far parte della setta satanica “Angeli di Sodoma” nel 2002 e poi assolta dopo le sofferenze patite durante la gravidanza.

 

Il pericolo è quello di passare, da inesistenti “Angeli di Sodoma”, a fin troppo realistiche “Giornate di Sodoma”, perché i casi di malagiustizia non sono, quando si sommano, semplici errori di percorso, ma campanelli d’allarme che dovrebbero indurre le associazioni anti-sette a ripensarsi, a parere nostro, salvando di se stesse il bisogno di laicità e l’esigenza di tutelare le eventuali vittime di abusi o di violenze, ma senza cedere a quelle tentazioni giustizialiste e illiberali che spesso corrompono le migliori delle intenzioni.

 

Altrimenti, terminato il Girone delle Manie nei primi quindici anni (’83-‘98), che con il lavoro dei primi nuclei anti-sette, ARIS e GRIS, ci hanno fatto assistere ai casi Pesce e Dimitri, all’inizio della lotta per la reintroduzione del reato di plagio e alla diffusione delle prime ondate di panico morale sul tema; e conclusosi il Girone successivo (’97-2013), in cui nasceva un dipartimento di polizia in forte odore d’incostituzionalità e sicuramente poco laico in quanto coordinato da un prete cattolico, mentre andavano a sommarsi le vicende drammatiche e infondate in tribunale, accompagnate da gogne mediatiche vere e proprie; il rischio è di entrare ora, nel 2014, con l’ipotesi di una MIVILUDES italiana, direttamente nel Girone del Sangue.

 

Non si può prescindere da un bilancio dei risultati della SAS prima ancora di considerare l’idea di un’apposita agenzia governativa interministeriale: né si può continuare a ignorare il peso del materiale pubblicato da Libero Credo soprattutto in merito al trattamento delle voci critiche. Se l’inquietante scenario di connivenze e pressioni tracciato da questa taciuta Wikileaks si rivelasse realistico, è lecito ipotizzare che, qualora si decidesse di creare un organismo interministeriale o si legiferasse su un reato di manipolazione mentale (plagio), toccherebbe a quel punto anche a noi, e a tutti i dissidenti, gli irregolari, gli ostinati, gli “eternamente contrari”, indossare il nastrino azzurro di pasoliniana memoria, insieme a scientologi, dahamanuriani, satanisti, Testimoni di Geova (questi ultimi già abituati a portare contrassegni dall’epoca dell’Olocausto), ai quali non resterebbe che gridare l’eterna domanda prima del martirio: “Mio Dio, perché ci hai abbandonati”?


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