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02/05/24 ore

Cofferati, una nuova promessa a sinistra


  • Ermes Antonucci

"Mai in Europa, sarei un ciarlatano" confidò fieramente Sergio Cofferati nel 2008, otto mesi prima di essere puntualmente eletto in Parlamento Europeo. "Non farò alcun ricorso, nonostante le irregolarità" aveva annunciato in conferenza stampa poche ore prima delle primarie in Liguria. Promessa, anche questa, non mantenuta: una volta sconfitto, l'ex segretario della Cgil ha sbottato, ha lasciato il Pd, e ha reso noto che presenterà un esposto in procura. A questo punto c'è da temere anche per l'altra promessa, fatta da Cofferati proprio nel momento dell'addio: "Non lancerò un nuovo partito, ma solo un'associazione culturale".

 

La minoranza Pd, Fassina, i civatiani, Sel, infatti, già scalpitano di fronte a colui che potrebbe diventare la loro nuova bandiera, cavalcando l'ultima onda dell'insoddisfazione. E se la coerenza tra parole e fatti di Cofferati è quella sopraccitata, allora la possibilità reale di veder nascere l'ennesima lista di presunto antagonismo di sinistra, sostenuta dalla solita compagnia di giro di sedicente anima progressista e dal solito armamentario post-Pci, effettivamente esiste.

 

La situazione a sinistra, del resto, è la solita, desolante quanto la propaganda populistica di regime realizzata quotidianamente da Matteo Renzi (l'altra faccia della stessa medaglia, quella di un centrosinistra ancora sprovvisto di una moderna cultura liberale): per capirlo basta pensare alle parole dell'onnipresente "dissidente" Stefano Fassina, per il quale "il modo sbrigativo, offensivo per la dignità di Cofferati con cui la sua scelta è stata trattata, peserà notevolmente sul voto per il Quirinale".

 

Insomma, tanto è profondo l'ideologismo nostalgico anti-renziano, che Fassina, dimenticando peraltro i suoi stessi continui allarmi sulla situazione democratica interna al Pd e le proprie seguenti lezioni di progressismo, concepisce le trattative sul nome del prossimo presidente della Repubblica nientemeno che una mera battaglia politica, il cui l'esito sarebbe determinato, invece che dal riferimento ad un vago interesse generale, persino dal battibecco tra il segretario del partito e un ex sindacalista appena sconfitto alle primarie.

 

Ormai, comunque, quello tra Cofferati e Renzi, sembra aver preso le forme di un duello personale. L'ex sindaco di Bologna ed ora europarlamentare al secondo mandato (senza che nessuno, a livello politico, si sia effettivamente accorto né dell'una né dell'altra cosa), ci è andato giù pesante, dichiarando che "il Pd è un partito alla frutta" e che "il modello Renzi compra i voti", accusando il segretario dem di non rispondere nel merito. Al leader del Pd, però, che gli ricorda che "sta lì grazie ai voti del Pd" e che lo ha candidato sei mesi fa "quando Cofferati non denunciava i valori del Pd né parlava di partito alla frutta", è il neo-dimissionario a non rispondere. Il timore, forse, è quello di cadere in una nuova figuraccia.

 

 


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