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12/10/24 ore

Un mondo radicale


  • Silvio Pergameno

La storia del “partito radicale” - “p.r.” con la minuscola - ha rappresentato una seconda fase della vita del partito sorto con quel nome nel 1955 dalla scissione dal Partito Liberale del gruppo della sinistra, ed è sì la storia di un mondo, un mondo “altro”, come è stata definito da Giuseppe Rippa nel saggio L’altro radicale (Guida editore), una lunga intervista condotta da Luigi O.Rintallo, dove “altro” è il sostantivo, proprio per definirne l’ “alterità.”

 

Alterità rispetto al mondo politico italiano, quale si è definito dopo la seconda guerra mondiale, con il suo corso irto di difficoltà e deficienze (forse più di tutto culturali) via via fino a questi nostri giorni difficili del sovranismo populista.

 

Appare necessario qualche chiarimento. Il partito sorto nel 1955 si riconosceva nel «Mondo» diretto da Mario Pannunzio, (un’acuta attenzione al sociale e, naturalmente, alla laicità e ai problemi istituzionali), ma con limiti profondi, come si vedrà tra breve, e che ne chiariscono il rapido tramonto. Questa prima fase arrivò infatti al capolinea nel 1962, e il partito viene preso in mano da un gruppo di giovani, ispirato prima ancora che guidato, dal ”Marco”... Pannella.

 

Seguirono alcuni anni in cui la presenza fu sostanzialmente salvata dal leader, ma nei quali matura una riflessione proprio sul partito, sulla “forma-partito”, che si esprimerà al convegno di Faenza nell’autunno del 1966, da cui esce una Commissione di 12 iscritti, con il compito di elaborare un nuovo statuto.

 

È lo statuto approvato nel terzo congresso del maggio del 1967, che individua un partito “libertario”, e comincia a definire la propria “alterità”, cioè una struttura diversa da quella dei partiti tradizionali...

 

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