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03/05/24 ore

Gli italiani e i diritti civili, le verità nascoste fra statistica e informazione di regime


  • Roberto Granese

Determinate analisi e connessioni sembrano a volte, e spesso sono indicate come, frutto di vittimismo mediatico, autoreferenzialità, parzialità, vittimismo, settarismo, complottismo e chi più ne ha più ne metta.

 

Quando poi i dati statistici riportano sul campo della fredda e imparziale matematica le suddette tesi, allora i creatori di notizie fanno scivolare gran parte dei dati contraddittori, evidenziando con una lente palesemente distorsiva quella parte di essi che può essere più o meno utile e coerente rispetto alla diffusione del dettato del ministero della propaganda di goebbelsiana memoria o , se preferiamo, del ministero della verità, suo corrispondente orwelliano.

 

Nei media che sono parte integrante e linfa vitale del vetusto, svuotato nei suoi riferimenti ideologici, ma ancora attivo sistema partitocratico-corporativo, questa verità che non compare o non pare tale con vistoso imbarazzo è spesso confermativa rispetto a quelle analisi così bizzarre di cui sopra.

 

Un caso concreto lo vediamo nel rapporto Eurispes 2014, nella sezione dedicata agli atteggiamenti degli italiani nei confronti di alcune questioni relative ai diritti civili ed al diritto in generale, che spesso sono affrontate dai soli radicali con tentativi referendari coraggiosi quanto inefficaci per i motivi che abbiamo premesso.

 

Dai dati rileviamo che:

- circa 7 cittadini italiani su 10 riterrebbero necessaria l’introduzione di una legge sulla responsabilità civile dei magistrati;

- l’abolizione della legge Bossi-Fini è un emergenza non rinviabile per il 72% della popolazione;

- l’84% sono favorevoli all’introduzione del divorzio breve;

- quasi 8 italiani su 10 sono favorevoli all’introduzione di una legge che dia una tutela giuridica alle coppie di fatto e 5 di questi riterrebbero giusto consentire il matrimonio tra persone dello stesso sesso;

- l’introduzione del testamento biologico raccoglie il 72% dei consensi, l’eutanasia legale quasi il sessanta percento;

- quasi il 90% degli italiani è favorevole all’utilizzo delle cellule staminali per le cure mediche ed il sessantaquattro percento è favorevole alla pillola abortiva;

- il 52% degli italiani darebbe il consenso alla legalizzazione della prostituzione ma l’avallo a quella delle droghe leggere si ferma a poco più del 40%;

- l’Amnistia e l’indulto raccolgono pochi consensi avendo il beneplacito di una percentuale di italiani tra il 20 ed il 30 percento.

 

Dati alla mano sono due le considerazioni che viene spontaneo fare ed entrambe riportano al modello di stampa di regime di cui parlavamo. Pare che la maggior parte dei temi su cui i radicali hanno provato a chiedere l’utilizzo di strumenti di democrazia diretta avrebbero chiaramente un riscontro positivo da parte della popolazione, ma le firme necessarie a richiedere la consultazione popolare sono o poche o non valide (non si sa ancora perché).

 

Evidentemente, in fase di raccolta firme la notizia è curiosamente scomparsa: che tra gli equilibri di potere delle tante corporazioni italiane la stampa abbia come ragione sociale unica il mantenimento di poteri e privilegi per se per le altre lobby?

 

Curioso appare anche il fatto che, indipendente dal discorso culturale sul popolo italiano, gli unici temi su cui, vuoi per l’emergenza in atto, vuoi per le condanne europee, vuoi per l’interessamento della più alta carica dello stato, si è discusso (in modo sistematicamente distorto) sono quelli che hanno un più basso riscontro.

 

Sarà che nella scenografia della democrazia fittizia l’informazione, quando la censura e l’oblio non sono più attuabili, serve anche ad eccitare alcune caratteristiche deformanti che siano funzionali all’equilibrio di regime? Si dà in pasto al popolo le emozioni più istintive e feroci, deviando l’analisi e facendo leva sulla paura: anche questa è una altra triste e vecchia storia di continuismo ed erosione civile, anche questo sulla pelle di qualcuno.

 

Gli spazi di praticabilità in questo paese - che ha ucciso quella dialettica dei contrari che delle rivoluzioni civili è sempre stata una precondizione - sono resi sempre più risicati e la possibilità di rimuovere la spessa coltre che soffoca ciò che resta della società civile è sempre più remota. In questa ottica essere quegli avamposti di resistenza attiva della tutela dell’alterità che i radicali sono stati per decenni è difficile, ma è forse l’unica speranza che rimane.

 

 


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