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03/05/24 ore

Giovanni Toti, faccia nuova storia vecchia


  • Roberto Granese

 

“Un rinnovamento alla Renzi”: questo è quello che servirebbe al partito di Silvio Berlusconi secondo il “volto nuovo“ che da qualche anno siamo abituati a vedere dirigere i telegiornali delle reti Mediaset.

 

La considerazione che viene più o meno subito alla mente è relativa alla sostanza e all’utilità di questo rinnovamento ed è piuttosto scontata anche se non meno vera: è indubbio che un rinnovamento serve, non solo ad una parte politica ma all’intero impianto socio-economico del paese... Un rinnovamento nel senso della comprensione che la politica dovrebbe tornare ad interpretare e a progettare, a creare quegli avamposti di garanzia del diritto che permettano ai progetti di vita, individuali e collettivi di predisporre nel loro dispiegarsi le basi di una crescita civile e democratica…Un rinnovamento di cui, anche con le più improbabili forzature, non si riesce a vedere traccia.

 

Gli ultimi anni di storia d’Italia hanno dimostrato in modo inequivocabile che l’impianto corporativo-parassitario-semicoloniale che ha guidato l'Italia, con le sue logiche di spartizione e lottizzazione, non ha retto al mutare degli equilibri geopolitici ed ha portato ad una crisi sistemica e a una implosione del sistema stesso di cui gran parte della classe dirigente non si è ancora resa pienamente conto.

 

Il fiume che ha nutrito la democrazia fittizia nel paese si è così frantumato in mille rivoli che più che un rinnovamento hanno predisposto tanti piccoli microsistemi che continuano a sopravvivere succhiando linfa vitale: quella che rimane, a scadenza.

 

Ma cos’è un rinnovamento alla Renzi? Un riscontro oggettivo, fuori da ogni ragionevole dubbio, potrebbe venire dal dato anagrafico. Così, la carta di identità del sindaco di Firenze con su scritto alla voce nato il 11 gennaio 1975 vorrebbe essere la prova provata di questo rinnovamento? E come dovrebbe essere considerata la corrispondente data del 7 settembre 1968 sul documento di Giovanni Toti?

 

Un ragionevole dubbio si insinua e cresce, mettendo i giovin signori alla prova dei fatti. La sensazione è che le logiche dietro i goffi e rumorosi movimenti sullo scenario politico dei nostri di nuovo abbiano ben poco ed in ogni caso si intravedono esponenti di un certo parassitismo industriale e finanziario dietro la legittimazione e le progettualità di questi sedicenti innovatori, sempre più evidentemente calati nel ritmo più classico dei giochi di potere che questo paese lo hanno desertificato politicamente.

 

Lo stesso Toti, nella sua intervista al Messaggero, queste cose le rende anche più chiare quando dice “renzianamente” di non essere l’uomo della provvidenza, anche perché non esiste, e nel dire poi “bisogna rinnovare tutto e dobbiamo fare come ha fatto Renzi nel Pd. Mica la classe dirigente l’ha presa da fuori? Anche noi abbiamo grandi risorse…”.

 

Che dire? La ruota gira inesorabilmente e giustifica il passato col presente: dei “giovani” renziani abbiamo visto speranzosi e poi un po’ delusi i primi passi innovatori; staremo a vedere con sempre più flebile speranza i “giovani” forzisti del “partito più anarchico e monarchico” di Italia.

 

Toti chiude poi, a proposito del dialogo tra Matteo e Silvio, con la dichiarazione che “se trovano l’accordo sulla legge elettorale si apre per la politica italiana una grande autostrada”. Quello che resta da chiarire ora è la natura di questa strada: sarà una “stairway to heaven” (scala per il paradiso) o una “highway to hell” (autostrada per l’inferno)?

 

 


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