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02/05/24 ore

Egitto, carcere per i giornalisti di al Jazeera



Disinformazione e sostegno alla fratellanza musulmana. Con questa accusa tre giornalisti di al Jazeera, in carcere dallo scorso dicembre, sono stati condannati a 7 anni di carcere da un tribunale del Cairo. 10 anni in contumacia, invece, per altre undici persone fra cui due reporter stranieri.

 

I tre condannati a sette anni sono l’australiano Peter Greste, l’egiziano canadese Mohamed Fahmi e l’egiziano Baher Mohamed. Quest’ultimo ha ricevuto una condanna ulteriore a 3 anni per “possesso d’armi senza licenza”. Secondo l’accusa i giornalisti avrebbero fabbricato "scene irreali" per propagandare le idee dei Fratelli musulmani e per dare l'impressione che lo stato egiziano stesse cadendo dopo la deposizione di Morsi.

 

L’accusa ha mostrato nel corso del processo alcuni filmati realizzati dai tre giornalisti che trattavano spesso argomenti non inerenti la politica e la cosiddetta Rivoluzione egiziana, alcuni dei quali non realizzati da Al Jazeera, ma da BBC, per la quale lavorava in precedenza l’australiano Peter Greste.

 

 

In questi mesi molte sono state le pressioni internazionali per evitare le condanne, vista l’inconsistenza delle accuse emerse nel corso del processo.

 

Il primo ministro britannico, David Cameron, si è detto "completamente sgomento" dal verdetto e il ministro degli Esteri olandese, Frans Timmermans, ha annunciato che solleverà la questione alla riunione con i colleghi dell'Ue a Lussemburgo. Sbigottite le autorità australiane, con il ministro degli esteri Julie Bishop che ha sottolineato come "il governo australiano non possa semplicemente capire la sentenza basata sulle prove che sono state presentate sul caso".

 

Al Jazeera ha definito la condanna "contraria a ogni logica e parvenza di giustizia". L'emittente panaraba con sede in Qatar è malvista dell’esercito egiziana e accusata da mesi di favorire i Fratelli Musulmani. Per questo i suoi due uffici di corrispondenza del Cairo erano stati chiusi tra luglio e agosto scorsi, dopo la deposizione di Morsi e la repressione dei raduni di protesta pro-Fratellanza. (F.P.) 


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