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01/05/24 ore

Carcere per i credenti, dove non c'è libertà di religione



"Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di appartenere ad una religione o a qualsiasi credo a propria scelta. Include il diritto di non credere ad alcuna religione”: è quanto stabilito nell'articolo 18 della Dichiarazione Universale dei diritti umani.

 

Ma, come spiega il Rapporto annuale appena pubblicato da Human Rights Frontiers (HRWF), sono stati ancora centinaia i prigionieri detenuti nel 2013 a causa di leggi che proibiscono o restringono i loro diritti fondamentali di libertà di religione e di credo.

 

Ventiquattro paesi sono stati indicati come oppressivi riguardo alle libertà dei credenti: Armenia, Azerbaigian, Cina, Eritrea, India, Indonesia, Iran, Kazakistan, Kurdistan, Laos, Libia, Marocco, Nagorno Karabakh, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Arabia Saudita, Singapore, Corea del Sud, Sudan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam.

 

Ad esempio, nella Cina comunista tutti i gruppi religiosi sono obbligati a registrarsi ad un' organizzazione religiosa controllata dallo stato per ottenere il permesso di svolgere attività legali che non devono deviare dalle dottrine approvate dallo stato.

 

I prigionieri per motivi religiosi o di credo in Cina appartengono a gruppi che non sono riconosciuti dallo stato (chiese Protestanti domestiche), sono bandite come 'culti malvagi' (Falun Gong), dichiarano lealtà a leader spirituali che vivono fuori dalla Cina (la Chiesa Cattolica Romana fedele al Papa e i Buddisti tibetani fedeli al Dalai Lama) o sono sospettate di separatismo (musulmani Uiguri e Buddisti tibetani).

 

Il rapporto di HRWF documenta diversi arresti di massa ed un' ampia gamma di casi individuali di credenti di ogni fede che scontano una pena detentiva. In Marocco, paese musulmano, un convertito è stato condannato a due anni e mezzo di prigione e multato per aver tentato di condividere la sua nuova fede cristiana con altri.

 

In Arabia Saudita, paese a stragrande maggioranza musulmana, 53 cristiani etiopi sono stati arrestati per aver partecipato ad una funzione religiosa in un' abitazione privata e successivamente alcuni di loro sono stati deportati. Altri cinque stati, già precedentemente eletti e membri attuali del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, hanno imprigionato credenti ed atei per motivi di religione.

 

In India, paese democratico, alcuni protestanti sono stati arrestati e trattenuti, per poco tempo, per essersi convertiti al cristianesimo o per aver organizzato incontri di preghiera in abitazioni private. In Libia, un paese a larga maggioranza musulmana, alcuni copti sono stati imprigionati per aver cercato di convertire altri. Uno di essi è morto in prigione.

 

Human Rights Without Frontiers è preoccupato per la situazione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che accetta come membri un numero sempre maggiore di paesi che continuano a commettere violazioni dei diritti umani e, in particolare, della libertà di religione.

 

Tre nuovi stati membri del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e altri cinque attuali membri sono nella lista dei paesi che imprigionano i propri cittadini per motivi di credo: Cina, Marocco e Arabia Saudita - India, Indonesia, Kazakistan, Libia e Corea del Sud. Secondo il mandato del Consiglio per i diritti umani, "i membri eletti al Consiglio devono rispettare gli standard più alti in merito alla promozione e alla protezione dei diritti umani".

 

Ma "la libertà di religione e credo è un diritto fondamentale garantito dall'Articolo 18 della Dichiarazione Universale” e nel 2013 - ha commentato Willy Fautré, direttore dell'associazione con sede a Bruxelles - “otto stati membri del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite hanno arrestato, trattenuto e condannato credenti ed atei a pene detentive di varia durata per aver praticato la religione o il credo che hanno scelto".

 

"Il nostro migliore augurio per il nuovo anno – ha concluso Fautré - è che questi ed altri stati membri del Consiglio per i diritti umani possano dare il buon esempio ad altre nazioni del mondo rilasciando tali prigionieri di coscienza e non privando ogni altro credente o ateo della propria libertà nel 2014".


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