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04/05/24 ore

La Pianista Perfetta di Giuseppe Manfridi al Todi Festival. Conversazione con Guenda Goria e Maurizio Scaparro



Tra le perle del Todi Festival 2018 il debutto nazionale de La Pianista Perfetta, pièce teatrale di Giuseppe Manfridi con la regia di Maurizio Scaparro. La protagonista è Guenda Goria nei panni di Clara Schumann la moglie di Robert Schumann. Questa donna coraggiosa, vitale, grande pianista e intellettuale che vive di luce propria sottratta alla rischiosa rappresentazione di essere schiacciata all’ombra del più celebre consorte, ma anche madre affettuosa e attenta di otto figli.

 

È donna che governa il suo mondo, la sua famiglia, la sua arte con armonia e fermezza Clara Schumann. Capace di attraversare con determinazione la malattia del marito, la precarietà di impresari molto spesso inadeguati e di affrontare i disagi di recite con strumenti malandati con la fermezza, la determinazione ma anche la dolcezza che vive i molti piani della vita di una donna talentuosa, di valore, ricca interiormente, ma anche umile, essenziale, efficace.

 

Guenda Goria da vita a Clara Schumann con talento e maestria di attrice, ma soprattutto di pianista, sotto l’attenta regia di un maestro come Maurizio Scaparro su un testo di Giuseppe Manfridi che raccoglie la fase più dura della vita della protagonista che vive le preoccupazioni della malattia di Robert, l’amore per lui e gli stati d’animo e le tensioni dell'agire quotidiano tra impegni, rette da pagare e la famiglia numerosa. Lorenzo Manfridi porta in scena il giovane, gentile e timido assistente di Clara.

 

Agenzia Radicale ha incontrato Guenda Goria e Maurizio Scaparro prima del debutto a Todi. Di seguito la trascrizione di queste conversazioni…

 

 

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Guenda Goria: Clara Schumann, la magia, la vita, la forza e il dolore

 

Quale reazione hai provato nel momento in cui da donna di oggi racconti una donna che allora era all’avanguardia, ma anche il segno di quell’armonia che sembra impossibile rintracciare da nessuna parte? Cosa accade a calarsi in un personaggio così intenso e anche sconosciuto?

 

In verità si è realizzata una simbiosi. Da donna sentire sulla propria pelle un’altra donna è sicuramente qualcosa di catartico, perché credo di sentire ciò che di Clara è in me. Mentre la porto in scena, cerco di trovare più punti comuni possibili. Più che uno spettacolo nel quale ho creduto molto, è un’operazione che ho seguito dalla nascita a questo debutto che è assoluto. È la prima volta che lo recitiamo davanti al pubblico, è il bambino che nasce questa sera ed è una grande emozione. Clara è una donna forte, una donna vera, una donna sfaccettata.

 

È semplicemente una donna, perché essere donna contiene la magia, la vita, la forza e il dolore. Sono convinta della supremazia femminile, lo si capisce bene fin dalla scelta del progetto. Clara manifesta la bellezza che può portare una donna, con una femminilità espressa fino alle estreme conseguenze; ma anche la “mascolinità”, perché Clara era una figura diritta, decisionista, energica e assolutamente forte…

 

Rappresentarla è una scelta doverosa, una scelta senza tempo perché il fatto che oggi le donne abbiano più spazio è frutto dei tempi che maturano. Clara è un esempio di donna che ha avuto in realtà un enorme spazio. La memoria postuma non le ha fatto il giusto onore, perché ha dato maggiore importanza al marito Robert Schumann, perché le sue composizioni hanno determinato la storia del Romanticismo.

 

Clara era una compositrice eccellente, e soprattutto era una grandissima esecutrice. All’epoca c’era una disparità enorme tra Robert e Clara, perché Clara era divina mentre Robert non contava nulla. Robert Schumann muore giovane, dopo una vita travagliatissima perché si accorge di vide fallire gli orchestrali dopo pochissimo tempo, le sue composizioni non erano amate, all’epoca il suo romanticismo era troppo all’avanguardia per la sua epoca.

 

Era Clara, con la sua maestria, con la sua capacità di essere pianista eccellente, ad essere una diva. Era lei a guadagnare, a portare i soldi a casa per mantenere la famiglia. Soprattutto è stata lei che ha permesso di conoscere la musica di Robert: è lei a proporre le musiche del marito, di Brahms e dei giovani compositori in cui credeva. Venivano sempre accolte con freddezza dal pubblico, ma è grazie alla sua caparbietà che abbiamo la fortuna di conoscerli perché, in maniera coraggiosa, Clara dimostrò grande sensibilità. Si trattava di musiche che a quel tempo risultavano difficili e in questo senso Clara ha sostenuto una bellissima sfida.

 

È per questo che mi piace tanto, ed è bello confrontarsi con figure femminili alte perché elevano lo spirito.

 

Pianista, intellettuale, mamma, generosa e attenta a tutti i ritmi: Clara appare come un soggetto che coglie la complessità e le dà una linea di sbocco e di governo. Hai fatto bene a scegliere una personalità dimenticata, e a renderla così essenziale…

 

A proposito di governo, la cosa che mi ha colpito molto di Clara è il concetto di responsabilità. Assunzione di una responsabilità artistica a 360°: quello che è il governo della propria vita, che è poi anche governo di una nazione e della propria carriera, genera da un’assunzione di responsabilità profondissima. La scelta artistica dev’essere una scelta a cui ci si dedica completamente.

 

Quello che insegna il Romanticismo e i suoi esponenti ai giorni nostri è proprio questo, andare sino in fondo: che sia una scelta di governo, o una scelta di vita bisogna avere la responsabilità di portare la nostra scelta alle estreme conseguenze ed essere all’altezza della scelta che facciamo. Altrimenti ci riempiamo la bocca di arte, di governo, di femminismo e in realtà non ci chiediamo cosa significa, cosa c’è dietro queste parole.

 

Il Romanticismo che ci insegna Clara Schumann è proprio questo; lo comprendiamo dalle sue lettere, che sono piene di una profondità tesa a portare le scelte sino alle estreme conseguenze. Che nel caso di Robert coincide addirittura con la follia, perché è talmente rarefatto il modo in cui questi personaggi vivono la dimensione artistica, che quasi si confonde lo spazio e il tempo.

 

Ed è affascinante, perché vuol dire dedicare la vita a qualcosa di superiore e ulteriore. In tal senso è di insegnamento anche per i tempi che viviamo, a volte troppo superficiali tanto da rischiare noi tutti di fare scelte senza sentirne la responsabilità. Un errore drammatico, perché porta ad abbassarsi e non ad elevarsi.

 

Grazie.

 

 

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Maurizio Scaparro: superare la confusione del linguaggio e della frammentazione

 

… Qual è il sentimento ti ha spinto a intraprendere questo percorso, che si rivela complicato ma che risulta molto intenso nel tempo attuale e nella raffigurazione di tipologie di soggetti che hanno un forte senso di responsabilità e che la storia di Clara Schumann trasferisce nello spettacolo?

 

Credo che alla base di questo incontro con Clara Schumann ci sia la confusione del linguaggio, che viviamo. La vivo io come regista, la vive il pubblico: la viviamo e la accettiamo. Guenda Goria imposta un personaggio dove la confusione dei linguaggi è enorme. Io l’ho presa come stimolo per capire cosa ci aspetta domani, per i palcoscenici di domani.

 

Sentendo le prove di questi giorni, ci si accorge come oggi stia cambiando la base di personaggi e interpreti. Oggi il pubblico è pericolosissimo perché è frammentato: facciamo gli antichi per una volta? Oppure proviamo, senza fare gli antichi, a non dimenticare quello che è alla base, il rapporto tra attori e pubblico? E tra il pubblico e il personaggio.

 

Il personaggio nasce da un’onda, nasce da noi: evidentemente è un personaggio unico. Il personaggio che ne viene fuori dà una serie di stimoli. Oggi andiamo in teatro, sapendo che la storia è lo spezzettamento dei ruoli. E questo lo trovo come un momento imbarazzante per chi oggi decida di scrivere teatro.

 

Ti sembra arrischiato pensare al profilo identitario di una persona come Clara Schumann come a una personalità che colga in sé non solo il senso della responsabilità, ma anche il senso del governo delle situazioni complesse? E cioè la capacità di essere attenta su più piani, che sembra l’unico saggio modo per affrontare non soltanto la complessità ma la frantumazione a cui facevi riferimento…

 

Io non la invidio, perché la confusione del linguaggio e dei ruoli è un dato di fatto, che aumenta le confusioni del nostro vivere. Non so quanto giovi poi alla costruzione dei piccoli singoli frammenti. È l’ammissione dell’impossibilità di cogliere tutto in un atto o in un personaggio…

 

La lunga e reiterata assenza, e tu lo fotografi attraverso il teatro che è il luogo della vita, perché la vita sembra essere smarrita da chi la deve vivere, è proprio legata a questa vicenda particolare: abbiamo uno scenario, ulteriormente esaltato tramite i mezzi tecnologici, che ha come definizione una sorta di orientazione della società, che ha come obiettivo il controllo della società a opera di soggetti economici, e di conseguenza abbiamo abbattuto il merito. In questo senso siamo a un punto di svolta, e mi piace il modo in cui leggi le cause della frammentazione senza ipocrisie… Le difficoltà sono molto spesso o sottovalutate o esaltate, senza avere senso empirico…

 

Ho la convinzione che si possa arrivare di nuovo a una messa in ordine, per cui questa conversazione non è apocalittica ma istruttoria di un mutamento reale.

 

(trascrizioni di L.O.R.)

 

 

 

La pianista perfetta
di Giuseppe Manfridi
con Guenda Goria
Regia di Maurizio Scaparro
Todi Festival 2018

 

 

 


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