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13/11/24 ore

Il Ponte delle Spie, l’ultimo film di Spielberg



Con il suo ultimo film, “Il Ponte delle Spie”, Spielberg ritorna alla storia raccontandoci una vicenda realmente accaduta durante la cosiddetta “guerra fredda” tra Usa e Urss. Il racconto inizia a Brooklyn nel 1957, quando il pittore Rudolf Abel (Mark Rylance) viene arrestato come spia sovietica.

 

I principi democratici impongono un processo, anche se rapido e con verdetto finale di colpevolezza, dato per scontato in partenza: pertanto viene scelto ad hoc James B. Donovan (Tom Hanks), un avvocato che nel campo specifico non ha alcuna esperienza.

 

Imprevedibilmente l’onesto Donovan intende difendere sul serio Abel pur tra incomprensione e disapprovazione di familiari e opinione pubblica. Mentre il processo è in corso, un aereo spia americano viene abbattuto dai russi, il tenente Francis Gary Powers viene catturato e la Cia incarica Donovan di gestire uno scambio di prigionieri.

 

L’avvocato accetta e con coraggio e abilità riesce non solo a portare a termine lo scambio di Abel con Powers, ma a far includere in esso anche il rilascio di uno studente americano per errore ritenuto una spia, salvando così due vite invece di una e opponendosi ai diktat di servizi segreti e intrighi politici.

 

Donovan dunque è l’uomo comune che non vuol essere eroe a tutti i costi, ma fa le scelte “giuste” perché è una persona onesta che crede davvero nella giustizia, nei valori democratici, nel rispetto degli altri. Abel per lui non è il nemico da condannare a priori, ma una persona da difendere in base ai principi democratici sanciti dalla Costituzione.

 

Ad Abel che non sembra molto preoccupato della fine che farà, perché tanto a che “servirebbe” (come afferma più volte), egli contrappone la frase “ogni uomo merita una difesa, ogni uomo è importante” e così non solo gli salva la vita, ma riesce a stabilire con lui un vero dialogo, guadagnandosi la sua stima.

 

Al di là di alcuni cliché, anche in questo film Spielberg dimostra di essere un grande regista, che ancora una volta ci fa riflettere sull’importanza dei valori democratici, dei diritti umani e civili. Senza dubbio ogni individuo dovrebbe difenderli come Donovan, anche se forse sarebbe giusto aggiungere che essi non vanno tutelati solo in patria, ma anche in tanti paesi lontani che oggi ci preoccupano per numerosi drammatici problemi: un vero boomerang che si sta ritorcendo contro i paesi occidentali.

 

Il film si avvale della sceneggiatura dei fratelli Coen, coinvolgente e priva di meccanismi intricati, qua e là perfino ravvivata da toni umoristici o lirici. Le musiche scelte da Newman e certi colori plumbei della fotografia di Kaminski mettono in risalto il clima di tensione, ricordandoci a tratti i buoni vecchi film in bianco e nero.

 

Giovanna D’Arbitrio

 

 


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