Nonostante le piogge e il maltempo si prevedono giornate torride a Milano, il clima si è surriscaldato da quando è avvenuto lo sgombero del Leoncavallo, il centro sociale famoso per essere punto d'incontro per le tante iniziative seguitissime da migliaia di persone.
Un divertimentificio, pardon non è movida, che fa introiti tutti a nero all'insegna dell’anticapitalismo.
Si, l'anticapitalismo è il fine principale di questo centro, loro non stanno li per fare i soldi, almeno così dicono. Un'attitudine di collettivizzazione che va oltre l'attività artistica sino a formare un coagulo ideologico che è lo zoccolo duro dei veri comunisti milanesi.
Tutto avviene in un quadro desolante di un edificio fatiscente occupato che viene usato senza un piano di ristrutturazione, quindi locali impropri per le attività svolte con gravi rischi di sicurezza, igiene trascurata e pulizie approssimative dove si sta in tanti e si consumano pasti e vivande di incontrollata provenienza e di dubbia preparazione con un servizio per il pubblico pericoloso per il propagarsi d'infezione ad opera di un personale squalificato e senza requisiti che si adopera alla meno peggio senza diritti alcuni, coperture assicurative, ispezioni sindacali degli uffici ministeriali del lavoro o del del comune.
Loro hanno il salario minimo? Posti come questi sono sconosciuti alla previdenza sociale all'Ufficio d'Igiene, ai Vigili del Fuoco, ai Vigili Comunali, figuriamoci a Polizia e Carabinieri, sono luoghi da dove non puoi sporgere denuncia, dove potrebbe succedere di tutto e mai nessuno saprà qualcosa.
Centri sociali invivibili e impossibili da usare che, al contrario, godono di un pubblico smisurato rispetto alla capienza dei locali che non hanno servizi igienici se non quelli rimediati, figuriamoci i servizi antincendio, le uscite di sicurezza ecc.
Locali esteticamente brutti e disgustosi le cui pareti dipinte a graffito gli danno una presunzione di luogo politicamente corretto perché esaltanti di politiche che non hanno niente a che vedere con quelle votate dagli elettori, i veri fattivi sostenitori che contribuiscono con le imposte comunali.
Scritte e murales inneggianti a terroristi, despoti e tagliagole sono il "valore aggiunto" di questi luoghi. Uno scempio edulcorato da artisti che suonano cantano e ballano, donando a questi luoghi un aspetto da luna park disastrato e sgangherato che raggira i fruitori come il paese dei balocchi di collodiana memoria e non tocco l'argomento spaccio di droghe.
Una forma culturale che non so come faccia a essere rivendicata dalla sinistra nelle vesti autorevoli dei suoi dirigenti che stupidi non sono.
Luoghi inagibili resi ricettivi da una militanza furba di promoter che con il loro incessante attivismo coinvolgono masse ignare coadiuvate da personaggi di spicco che usano questi luoghi a bagno popolare di pseudo umiltà.
Uno spettacolo ipocrita e falso che si rinnova in continuazione con incessanti scadenze che godono l'appoggio di istituzioni culturali che non hanno ritegno alcuno rispetto a edifici non a norma e non adatti.
Dal dibattito scatenato dallo sgombero del Leoncavallo tutto questo non appare anzi i responsabili sostengono di no sapere nulla quando da anni per i motivi sopra elencati hanno l'obbligo di sgombero e in più viene sminuito il disastro economico che il comune è costretto a pagare, i milanesi, un ingente indennizzo ai proprietari dell'immobile, un enorme danno per la collettività che non viene contabilizzato e che invece viene paragonato a quello di Casa Pound (che andrebbe anche chiusa) che ha locali di proprietà pubblica e quindi non ha se non molto minori. Sicuramente a quelli di Casa Pound gli si potrebbe imputare danni di fascismo che però non incide nei bilanci, ha costi solo ideologici.
Parlano tanto di cultura ma si omette il fatto che il Leoncavallo è da anni in questa disastrosa situazione, è mai possibile che con un amministrazione politicamente favorevole che lo sostiene apertamente non si sia riuscito a risolvere la necessità di questo "parco di divertimenti" sia pur culturalmente avanzato quanto si voglia?
Ma non è Milano il modello nazionale che abbiamo di rigenerazione urbana? Non è Boeri che ha incarichi di prestigio e le competenze tali da poter smuovere questa impasse? Spero che non sia, come si sostiene, che è responsabile la Meloni, volevano un centro fascista? Non è Sala il sindaco che si occupa del comune più ricco d'Italia che ha bilanci che valgono una finanziaria in altri stati del mondo e che tiene un luogo fatiscente e pericoloso come, a suo dire, simbolo culturale della città? Perché in questo Paese ogni qual volta si muove qualcosa, in bene o in male, l'unico richiamo è quello della foresta?
Invece di fare una manifestazione / guerra civile con la solita frustrazione di dare una spallata al governo, perché non investire in archistar come Fuxas, Piano, Boeri che fascisti non sono, per dirne solo alcuni, per proporci un vero simbolo della cultura a Milano, città di richiamo internazionale ben vista da tutto il mondo?
Che senso ha in tutto questo lo scontro politico, a chi serve? Forse solo a quelle squadre di facinorosi che alla bisogna spuntano come funghi per mettere a soqquadro la città e dare poi, come al solito, la colpa alla polizia specie se ci scappa il morto? Lo cambiamo il folklore politico?
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P.S.
“Alcuni amministratori, anche di sinistra, non hanno niente di diverso dei pessimi amministratori usi al clientelismo e agli abusi. Ne va preso atto una volta per tutte che bastava si imitasse quanto fatto a Zurigo (il Rote Fabrik, il centro culturale alternativo in riva al Lago di Zurigo, che ha già ospitato Nirvana e Red Hot Chilli Peppers, che ha una storia movimentata alle spalle e tanti progetti per il futuro) con un altro centro sociale “rosso” ricondotto alla legalità e trasformato, quello sì, in un luogo pubblico per tutta la cittadinanza”. (nota aggiuntiva della redazione di Agenzia Radicale)