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27/12/25

In memoria di Frank Gehry, l'architettura da spettacolo e l'abbandono di Roma


Categoria: ARTE E DINTORNI
Creato Giovedì, 18 Dicembre 2025 01:14
Ultima modifica il Giovedì, 18 Dicembre 2025 12:15
Pubblicato Giovedì, 18 Dicembre 2025 01:14
  • Giovanni Lauricella

Bilbao, un tempo tranquilla cittadina basca, era spesso trascurata dagli itinerari turistici, considerata poco attrattiva rispetto alle innumerevoli meraviglie che la Spagna ha da offrire. Solo chi si spingeva fino a San Sebastián decideva talvolta di fare una breve deviazione a Bilbao, spinto più che altro da interesse culturale o antropologico, attirato dalla reputazione dei baschi, considerati tra i più autentici rappresentanti della loro terra. 

 

Una terra che, in passato, si era tristemente legata all'ETA, un'organizzazione terroristica di matrice estremista, responsabile di oltre ottocento vittime. La sua influenza ideologica, purtroppo, trova ancora seguito in alcune realtà, come dimostra l'esistenza anche in Italia di un noto centro "culturale" intitolato Askatasuna, termine basco che significa libertà o liberazione. 

 

Tutto cambiò nel 1997 con l'inaugurazione del Guggenheim Museum di Bilbao, progettato da Frank Gehry. Questo straordinario edificio trasformò radicalmente il destino della città, abitata da circa 300 mila persone. L'imponente struttura in titanio e rame divenne il cuore pulsante di un fenomeno turistico senza precedenti, un pellegrinaggio che continua ininterrotto dal giorno della sua apertura. 

 

A Bilbao non si va solo per le mostre: il museo stesso è l'attrazione principale. Enorme e sorprendente, si erge come un'ode all'audacia architettonica, con pareti curve che si fondono in modo sconcertante con forme convesse, in un gioco di linee e volumi apparentemente caotico. Le sue geometrie vertiginose sfidano la percezione visiva, offrendo un’esperienza unica ai limiti dell’immaginazione. 

 

Si potrebbe sospettare che, quando l'ETA ha deposto le armi nel 2018, ciò sia avvenuto perché il museo stava catalizzando più attenzione della storica formazione terroristica. Anche se questa correlazione non fosse realmente fondata, va riconosciuto che l'architettura del museo ha probabilmente avuto un impatto positivo sulla cultura e sull'identità dei baschi. Frank Gehry, figura iconica dell'architettura contemporanea, si è spento il 5 dicembre all'età di 96 anni, lasciando dietro di sé una carriera straordinaria. 

 


 

Esponente di punta del decostruttivismo, Gehry ha incarnato un approccio progettuale che sfidava con forza tutto ciò che veniva percepito come obsoleto o convenzionale. È stato uno degli ultimi rappresentanti di una generazione di architetti in via d'estinzione, sopravvissuta al declino già avvenuto dello stile postmoderno, rispetto al quale ha ottenuto un trionfo schiacciante.

 

Gehry faceva parte di un'élite visionaria che includeva figure come Zaha Hadid, scomparsa nel 2016, i cui ideali sono oggi portati avanti da Patrik Schumacher. A loro si accostano altri nomi illustri come Rem Koolhaas, Bernard Tschumi, Peter Eisenman, Daniel Libeskind e il collettivo Coop Himmelb(l)au

 

Questi protagonisti hanno dato vita a un'architettura dal forte impatto visivo, spesso volutamente provocatoria e talvolta persino scioccante. Questa corrente architettonica ha trovato vasto consenso in Oriente, dove da Dubai alla Cina si assiste a una continua realizzazione di progetti sempre più audaci. Gli edifici nati da questa visione sembrano concepiti per sopraffare lo spettatore, dominandolo con la potenza dello stupore e della meraviglia.

 

 

Camminando per strada, ci si imbatte in un involucro che lascia perplessi, un oggetto dalla forma insolita che cattura lo sguardo. Si ignora cosa possa contenere, ma ecco che, all'improvviso, appare una mastodontica scultura di arte contemporanea, spuntata quasi dal nulla, destabilizzando lo scenario urbano. 

 

È un fenomeno che negli ultimi decenni si è fatto spazio tra dibattiti e critiche, da quando il Centre Pompidou – noto in Italia anche come Beaubourg – vide la luce, frutto della visione di Richard Rogers insieme a Renzo Piano e Gianfranco Franchini

 


 

Questo edificio iconico, perennemente sottoposto a lavori, rappresenta un paradigma dell’arte moderna e del suo rapporto contrastante con l’opinione pubblica. Un'altra opera che ha segnato un capitolo fondamentale nell'architettura contemporanea è la Casa Danzante di Praga, progettata tra il 1994 e il 1996 da Frank Gehry in collaborazione con Vlado Milunić. Questo edificio, primo successo internazionale di Gehry, ha originariamente portato il nome Fred and Ginger, evocando due ballerini avvinti in un passo di danza. 

 

La sua forma audace e quasi precaria, che sembra sul punto di crollare, l'ha trasformata in una meta obbligatoria per i turisti a Praga, attratti dalla sua bizzarria estetica. Un paragone inevitabile porta alla mente la torre pendente di Pisa, che deve la sua fama a una simile aura di improbabilità.

 


 

Proseguendo nel viaggio attraverso l’arte architettonica di Gehry, si arriva al Cleveland Clinic Lou Ruvo Center for Brain Health, situato nelle vicinanze del cuore pulsante di Las Vegas. Qui troviamo un'opera che sembra incarnare l'essenza stessa dell'arte concettuale applicata all'architettura. L'ospedale disegnato da Gehry presenta una struttura talmente distorta che dà l'impressione che stia collassando su sé stessa o che il calore del deserto circostante stia per liquefarla.

 

Questa deformazione dinamica suggerisce una metafora potente: il tormento interiore dei pazienti ricoverati, come se anche l’edificio fosse un riflesso materiale della complessità mentale. Si manifesta così una forma di decostruzione architettonica che offre allo stesso tempo un’espressione artistica e un profondo spunto di riflessione. 

 

Di opere architettoniche sorprendenti e stravaganti ne sono state realizzate molte e Gehry ne ha fatte tante. Chi sceglie di dedicarsi a questo genere di architettura spesso si ritrova attorniato da un'aura di successo quasi ineguagliabile. Non è un caso che venissero chiamati Archistar, un termine ormai caduto in disuso poiché finiva per influenzare negativamente sia il valore dell’opera sia l’immagine dei suoi artefici. 

 

A Roma, questo fenomeno culturale trova una delle sue massime espressioni nella Nuvola, il centro congressi progettato da Massimiliano Fuksas. Inaugurata nel 2012, questa struttura ha persino meritato il premio Best Building Site del Royal Institute of British Architects a Londra. Tuttavia, nonostante il suo carattere maestoso, la Nuvola rimane perlopiù vuota, fatta eccezione per qualche sporadico evento annuale che si conta sulle dita di una mano. 

 


 

Un peccato che, in fondo, non sorprende troppo quando ci si addentra nel centro cittadino, dove si può ammirare un altro Palazzo dei Congressi, questa volta in marmo, decorato con preziosi mosaici e affreschi: l'opera di Adalberto Libera (1938-1954). Questo grande edificio dallo stile basilicale versa però in uno stato di abbandono desolante già da molto tempo. 

 

Proseguendo lungo via Cristoforo Colombo, lo spettacolo di decadenza architettonica continua: si incontrano due enormi edifici ormai fantasma. Il primo è soprannominato Bidet per le sue caratteristiche curve; l'altro, chiamato pomposamente Palazzo degli Specchi, è rivestito di vetri verdastri, che potrebbero suggerire quasi un’origine extraterrestre. Entrambi sono solo due delle tante strutture dimenticate che punteggiano questa arteria cittadina fino a giungere all’ex Fiera di Roma, un altro gioiello lasciato a marcire

 

Perfino la nuova Fiera, quella immensa struttura situata alle porte della città in direzione dell’aeroporto, non emana altro che uno spettacolo grottesco e decadente. Troppo spesso l’architettura sembra concepita da pensieri che superano la realtà, producendo manufatti incapaci di rispondere alle reali esigenze di chi dovrebbe utilizzarli e viverli. 

 

Gli esponenti del decostruttivismo, in particolare, non hanno mai messo al centro della loro visione l’utilità, prediligendo l’impatto scenografico.  Se Gehry avesse lavorato a Roma, con le amministrazioni e le decisioni urbanistiche che la caratterizzano, probabilmente il suo nome non avrebbe raggiunto l’importanza e l’ammirazione che gli sono giustamente riconosciute oggi.

 

 

 



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