Secondo la road map da "una riforma al mese" delineata da Matteo Renzi in pompa magna nel febbraio scorso, la riforma della giustizia avrebbe dovuto essere varata "entro giugno". Il termine è scaduto, ma della riforma nessuna traccia: al suo posto un’indicazione, quasi improvvisata, di 12 generiche e scarne "linee guida", presentate lunedì in Consiglio dei ministri.
Le proposte avanzate dal premier e dal Guardasigilli Andrea Orlando prendono infatti la forma di semplici buoni propositi, tanto condivisibili in astratto, quanto privi di qualsiasi disposizione attuativa nel concreto. Non si comprende in alcun modo, insomma, con quali mezzi si vorrebbero perseguire gli obiettivi prefissati. Un copione, questo renziano, già visto in passato in altri ambiti, quello economico in primis.
Si comincia dalla giustizia civile (riduzione dei tempi, con sentenza di primo grado entro un anno, e dimezzamento degli arretrati), per poi passare al Csm (e qui la perifrasi di Renzi diventa ancor più aleatoria: "Più carriera per merito e non grazie alla appartenenza" e "Chi giudica non nomina, chi nomina non giudica") e alla responsabilità civile dei magistrati ("sul modello europeo", dunque indiretta, ma nonostante ciò sicuro oggetto di proteste delle toghe).
E ancora: norme contro la criminalità economica (torna il falso in bilancio e viene introdotto il reato di autoriciclaggio), accelerazione del processo penale (come?), riforma della prescrizione, riforma delle intercettazioni (con una proposta che paradossalmente non fa altro che fotografare la delicatezza della questione: "Diritto all’informazione e tutela della privacy"), informatizzazione integrale del sistema giudiziario.
Tanti buoni propositi, dunque, ma nulla di concreto. Niente inoltre, occorre notarlo, sul sistema carcerario, sulle misure alternative, sull’abuso della carcerazione preventiva, sulla separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti. L’impressione, così, è che di fronte ai primi segnali di malumore da parte delle toghe, il governo abbia deciso di evitare di generare scontri frontali con la magistratura, adottando un basso profilo.
Tensioni che, secondo la logica renziana, potrebbero essere tali da indebolire l’immagine del premier, ancor più ora che è ufficialmente iniziato il tanto evocato "semestre europeo" italiano, vale a dire la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea (un ruolo visto dal mondo mediatico-politico come la panacea di tutti i mali, e caricato di un’immaginaria forza propulsiva per il rilancio economico del Paese).
La stessa decisione di rimettere ad una consultazione pubblica online l’articolazione di queste scarne linee guida (e quindi rimandare al primo settembre la presentazione dei testi definitivi della riforma) denota da parte di Renzi la volontà, anziché avviare un reale dibattito pubblico sui temi, di relegare in secondo piano l’intera "rivoluzione" del sistema giustizia.