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04/05/24

Berlusconi assolto, però….!


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Domenica, 20 Luglio 2014 20:29
  • Silvio Pergameno

Una certa sinistra sul processo "Ruby" ci aveva investito parecchio (stavo per dire tutto, ma poi mi sono pentito, perchè non si sa mai…), anni e anni, venti e più anni nel corso dei quali una mobilitazione permanente, capillare ed ossessiva contro il Cavaliere era diventata l’asse portante di una strategia complessiva non soltanto per l’ex PCI, che, colpito al cuore dall’implosione dell’URSS e dal crollo del comunismo, non riusciva a  ad effettuare un esame di coscienza meditato, sincero e pubblico, ma per tutto un complesso fronte di forze politiche, di stampa e media di contorno, di correnti di opinione pubblica simpatizzante, con esito nel formarsi di un altro partito, nel senso però diverso di orientamento o schieramento contro o a favore di qualcuno o qualche cosa (come si dice "il partito americano", il "partito  dei delusi"… ).

 

Nella fattispecie il partito di quanti tenevano in odio e disprezzo Berlusconi e oggi rischiano di ritrovarsi tutti in gramaglie, ma sempre di più privi di riferimenti.

 

Dopo la condanna di Berlusconi – tre anni fa a conclusione del primo grado di giudizio – l’assoluzione del Cavaliere in Corte di Appello "perché il fatto non sussiste" è intervenuta come un fulmine a ciel sereno e il colpo – a giudicare dalle reazioni di quanti si aspettavano una conferma della condanna – deve essere stato molto forte: fiumi di parole spesi nei tentativi di dimostrare che la sentenza è sbagliata.

 

Ci è cascato anche Eugenio Scalfari (la Repubblica di domenica 20 luglio) quando argomenta che le due sentenze contraddittorie sono il frutto di due diversi liberi convincimenti di due diversi giudici, non avvertendo, che se così fosse, non si potrebbe parlare di insussistenza del fatto, che sembra rappresenti il fondamento dei due diversi convincimenti. Scalfari poi nel corpo dell’articolo aveva solo, molto interlocutoriamente, supposto che italiani ed europei si sarebbero messi a ridere di fronte a una vicenda di questo genere, ma il titolo (redazionale) dell’articolo è diventato :"La sentenza forse è giusta ma disonora il paese". Sarà! Ma forse è l’ipotesi inversa la più attendibile…

 

Altro fatto che sembra si debba sottolineare è che un analogo atteggiamento (anche se di contenuto opposto) affligge anche i berlusconiani, i quali oggi esultano ed elogiano i veri e bravi giudici… Intendo dire che nell’ esprimere valutazioni in ordine all’operato dei giudici la premessa indispensabile dovrebbe essere quella del rispetto e della sottolineatura per la posizione di terzietà del giudice, altrimenti, dicendo che i giudici sono bravi quando e perché hanno fatto la sentenza che ci fa comodo, si finisce per distruggere proprio quella posizione e con immettere i magistrati nell’agone politico e strumentalizzare la magistratura stessa per finalità di ordine politico.

 

Una delle testimonianze più incisive della modestia della nostra classe politica dominante, ragion per cui a una riforma profonda della giustizia non si arriva mai. Finchè si ragiona nei termini di giudici buoni e cattivi per gli uni e, gli stessi, all’inverso, cattivi e buoni per gli altri, finchè si pensa che una riforma della giustizia  possa partire da una battaglia contro i giudici non si va da nessuna parte.

 

I magistrati vanno contestati quando non difendono nei termini dovuti il principio di terzietà del giudice, che non è un don Chisciotte che raddrizza i torti, non fa giustizia in senso sostanziale, non soddisfa spiriti di vendetta, non opera in vista di riforme sociali o di tutela dell’ordine pubblico.

 

E per primi sono i magistrati a dover essere convinti che proprio il principio di terzietà impone, come minimo, la separazione delle carriere, perché giudici e pubblici ministeri appartengono a due mondi diversi, in quanto l’organo pubblico che esercita l’azione penale è, proprio formalmente, una parte del giudizio che non può essere confusa o assimilata a quella del giudice. 

 

Secondo i principi del costituzionalismo liberale, appunto.

 

 



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