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29/03/24

Se c'è chi da Radio Radicale invoca i reati d'opinione fascisti (aboliti grazie alle lotte di Pannella)


Categoria: STILE LIBERO
Pubblicato Venerdì, 23 Novembre 2018 20:06

di Camillo Maffia

 

Che dire: toccava vedere anche questo. Occorrerà riassumere i fatti con ordine o si rischia di smarrirsi nel discorso, complice lo smarrimento generale che coglie quando si assiste al progressivo scempio della memoria di Pannella

 

Ma stavolta ci sono delle particolarità che vanno assolutamente esaminate per capire quali siano le vere cause della tragedia radicale – no, non quella shakespeariana a cui i giornali ci hanno abituati: la Bonino che si sposa con lo zio di Amleto, eccetera. Si tratta qui di quella stoppardiana, bisogna capire perché “Rosencrantz e Guildenstern sono morti”, col timore di scoprire che non c'è niente da capire. Solo l'assurdo.

 

Andando sul sito di Radio Radicale ci si può imbattere nella curiosa presentazione di un libro “Nella Setta” (Fendango libri), autori Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni, che parla di sette religiose e della necessità di reintrodurre il reato di plagio, voluto dal regime fascista per perseguitare i dissidenti e abolito per incostituzionalità nel 1981, dopo che fu applicato una sola volta ai danni di Aldo Braibanti in quanto intellettuale comunista e omosessuale.

 

L'abolizione giunse grazie alla mobilitazione di grandi personalità culturali dell'epoca, da Pier Paolo Pasolini a Umberto Eco, e all'impegno di una sola formazione politica: i Radicali di Marco Pannella, all'epoca deputato, che si batté come un leone per impedire che i reati d'opinione voluti dal fascismo si perpetrassero ai danni dei cittadini della Repubblica. Gli autori del libro sostengono che quattro milioni di italiani sono adepti di sette religiose (ovviamente si tratta di un dato falso: secondo il CESNUR, meno dell'1% degli italiani appartiene a nuovi movimenti religiosi), e che quindi bisogna reintrodurre il reato di plagio.

 

È chiaro che è un non sequitur: quand'anche ci fossero le sette religiose, non ci sarebbe ragione di reintrodurre il reato di plagio. Ma gli autori sono convinti, insieme a certi gruppi che si definiscono “antisette”, che vi sia un nesso fra le due cose. Buon per loro, si dirà: a noi che ce ne importa? C'importa eccome, perché se si osserva la presentazione alla Camera dei deputati di tale contributo alla letteratura mondiale si scopre che non soltanto l'evento è ripreso da Radio Radicale, ma modera proprio un giornalista di Radio Radicale: Massimiliano Coccia, il quale non si accontenta d'invocare un inasprimento delle penema, dopo averci spiegato che esiste una “vera religione”, che sia sancita per legge una differenza giuridica tra la religione vera e quella che non lo è. (Qui chi scrive immagina le audizioni parlamentari disposte a tal fine, con un corteo di sapienti che vengono da ogni angolo del regno come al cospetto di Nabucodonosor per rispondere agli interrogativi angosciosi e abissali che Coccia ha sollevato forse, sia lecito osservarlo, con un tantino di leggerezza).

 

È tutto vero, basta andare sul sito per accorgersene. Se poi si sfoglia il libro edito da Fandango, oltre a chiedersi come mai l'illuminata casa editrice “de sinistra” invochi queste forme di giustizialismo in chiave nostalgica, si scopre che gli autori infilano una serie di parlamentari nel calderone di quelli accusati di aver, per così dire, difeso le sette presso le istituzioni a vario titolo. Fra questi spiccano due nomi: Marco Perduca, già senatore radicale e rappresentante all'ONU del Partito Radicale, e Rita Bernardini, attualmente membro della Lista Marco Pannella, di cui Radio Radicale, come ripete quotidianamente lo slogan, è organo.

 

La Bernardini, nello specifico, è accusata di aver presentato una interpellanza parlamentare su segnalazioni che si collegano al lavoro del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani (CCDU), che a sua volta si collega alla Chiesa di Scientology. È naturale che questo non significa nulla: se un comitato per i diritti umani, che sia scientologo, ateo o cattolico, fa delle giuste segnalazioni, è compito di un parlamentare, specialmente se radicale, interrogare il Parlamento.

 

Ma il libro è tutto così: cita personaggi su personaggi, organizzazioni su organizzazioni che non fanno assolutamente niente di particolare, parlandone però in modo allusivo, scrivendo vicino: “certo, certo, tutto legittimo, ci mancherebbe”, senza aggiungere altro, ma dando a intendere un significato nascosto che il lettore non coglie. Le pagine del testo ricordano il celeberrimo sketch dei Monty Python passato alla storia come “Nudge nudge” (“Eh? Eh?”), in cui Eric Idle si rivolge a Terry Jones incalzandolo di domande su questioni banalissime a proposito di sua moglie, ma con uno sguardo e dei modi sempre più allusivi, facendo irritare in modo crescente il suo interlocutore che finisce col perdere la pazienza, perché non riesce a capire cosa diavolo stia insinuando l'altro, il quale ripete: “Nudge, nudge, wink wink, Say no more!” (“Gomitino gomitino, ammicco ammicco, non dica nient'altro!”. Chi scrive confessa di non essere riuscito a leggere tutto il libro, perché vedeva mentalmente la faccia di Terry Jones e si sbellicava dal ridere, così da non poter finire il capitolo). 

 

Non solo: il libro presenta un racconto in chiave revisionista del caso Braibanti, in cui peraltro sono citati gli intellettuali che si batterono contro la condanna ma, in piena damnatio memoriae, è tagliato il nome di Marco Pannella. Qui il mistero s'infittisce. Perché il giornalista di Radio Radicale parla del libro in modo proprio entusiasta: sì, insomma, a lui è piaciuto un sacco, è evidente.

 

A sentir lui verrebbe voglia di andare in libreria e comprarlo. È evidente che qualcosa non quadra. Peraltro, quando Coccia si rivolge ai parlamentari 5 Stelle per esortarli a prendere provvedimenti legislativi che prevedano l'inasprimento delle pene, definisce quella attuale “una legislazione dove sono saltati tantissimi schemi del passato”. La situazione appare bizzarra, se si pensa che Rita Bernardini è reduce da uno sciopero della fame lungo e particolarmente censurato, nell'ambito di un'azione politica che da mesi si concentra appunto sulle riforme nell'ambito del processo penale volute da questo governo, ben riassunte dalle motivazioni dello sciopero di 4 giorni dell'UCPI.

 

In altre parole, mentre la Bernardini s'impegna contro le tendenze giustizialiste pentastellate che vorrebbero riportare il processo alla stagione inquisitoria, Radio Radicale non s'accontenta d'imbonirsi i deputati grillini, ma li esorta affinché, anziché limitarsi a tali istanze, riportino in auge nientemeno che i reati del Codice Rocco aboliti per incostituzionalità in seguito alle lotte dello stesso Marco Pannella. 

 

Per cercare di risolvere il mistero, conviene riassumere la vicenda dall'inizio. Dopo le lotte di Pannella per l'abolizione del reato di plagio avvenuta nel 1981, si sono verificati vari tentativi “nostalgici” di reintrodurlo, combattuti, com'è ovvio, dai Radicali. Nel 2012, Marco Perduca, che oltre a essere rappresentante ONU del Partito Radicale era segretario della Commissione diritti umani del Senato, presentò una interrogazione parlamentare, cofirmata da Donatella Poretti, allora senatrice, in cui chiedeva chiarimenti, sostanzialmente, su quanto costa e a che serve la Squadra Antisette, in seguito a un numero importante di vicende di malagiustizia che vedevano indagati gruppi minoritari nell'ambito di gogne mediatiche sgonfiatesi in tribunale: le cosiddette “sette”, in realtà innocenti le cui vicende giudiziarie venivano poi strumentalizzate per la reintroduzione del reato di plagio.

 

La SAS era nata in modo molto particolare, senza alcun dibattito parlamentare, nel 2006, con una circolare istitutiva che individuava come unico referente un sacerdote cattolico, don Aldo Buonaiuto. È un nome che i radicali ricorderanno per il modo in cui si scagliò contro Beppino Englaro nel caso di Eluana, per l'appoggio a iniziative come “Marcia per la vita contro l'aborto” a fianco di Forza Nuova, e per i convegni “contro le sette religiose” che si sono tenuti a scadenza quasi annuale nell'Ateneo Regina Apostolorum, sede dei Legionari di Cristo, il gruppo fondato da padre Marcial Maciel a lungo sotto indagine da parte del Vaticano per uno scandalo di pedofilia di portata internazionale che sconvolse Giovanni Paolo II all'epoca dei fatti.

 

Le domande dei Radicali in Parlamento erano perciò inevitabili: Perduca chiedeva chiarimenti anzitutto sulla costituzionalità del dipartimento e sulla compatibilità di una figura come quella di Buonaiuto con il principio di laicità dello Stato nel ruolo che gli veniva affidato. Nello stesso periodo (2012) scoppia il caso MISA Yoga, un gruppo fondato da un rifugiato politico, Gregorian Bivolaru, perseguitato prima dal regime di Ceausescu e poi dalla FECRIS, una controversa organizzazione internazionale con sede in Francia accusata di violare i diritti umani in ogni sede, che include alcuni gruppi “antisette” italiani, all'epoca federati nel Forum Antisette che collaborava, appunto, con la Squadra Antisette.

 

Naturalmente Bivolaru verrà assolto da ogni accusa in Romania; in Italia, però, il gruppo subisce i raid della SAS e finisce sotto indagini delle quali, dal 2012, non si è mai più avuta alcuna notizia. La campagna contro il movimento religioso è volta dichiaratamente alla reintroduzione del reato di plagio, spinta da quei gruppi antisette di cui Gazzanni s'era già fatto portavoce in alcuni articoli.

 

Perduca, in quanto segretario della Commissione diritti umani, s'interessa com'è ovvio del caso e interviene anche in sede OSCE/ODIHR, insieme a chi scrive, appunto sulle violazioni dei diritti umani che si stavano verificando in Italia e in Romania, segnalate anche da varie ONG, tanto che l'Italia riceve ben tre raccomandazioni collegate a questo preoccupante fenomeno, come si può riscontrare dalla registrazione dell'epoca, disponibile sul sito di Radio Radicale. Gazzanni e Piccinni, però, si guardano bene dal raccontare i fatti e buttano là il nome di Perduca sempre col metodo “Nudge nudge”, tra una gomitata e una strizzatina d'occhio, con la stessa disinvoltura con cui tacciono i trent'anni di casi di malagiustizia dovuti alle pressioni dei gruppi antisette per reintrodurre il reato di plagio, da me raccolti meticolosamente.

 

È opportuno sottolineare che l'impegno dei Radicali si può riscontrare in diversi di questi casi fin dal periodo immediatamente successivo all'abolizione del reato di plagio, quando cominciano i tentativi di reintrodurlo con la fandonia del “lavaggio del cervello” operato dalle sette. Già nei primi anni Ottanta, infatti, Mauro Mellini, che era stato in prima fila contro la condanna di Braibanti, interroga il Parlamento in merito alla gravissima vicenda di una scientologa che subì un sequestro di persona ai fini della “deprogrammazione”, una tecnica che consiste nel “convincere” con le maniere forti i membri di minoranze religiose a uscire dalla cosiddetta “setta”, che ha portato a violenze, sequestri di persona e condanne penali.

 

Gli autori del libro mostrano di non conoscere il caso, eppure farebbero bene a informarsi, visto che oltre ad abbeverarsi ai dati del Forum Antisette, che includeva fra le sue associazioni anche l'ARIS direttamente coinvolta nel caso sollevato a suo tempo da Mellini in Parlamento, citano come principale accademico di riferimento il professor Steven Hassan, un sostenitore della “deprogrammazione”. I Radicali interverranno ancora nel corso degli anni, ad esempio con la scandalosa vicenda di Ananda Assisi, gruppo assolto da ogni accusa dopo un lungo calvario giudiziario in cui fu sbattuto su tutti i giornali come “setta pericolosa”, sempre con la solita invocazione del reato di plagio a cui si è unito di fatto Massimiliano Coccia.

 

E dunque il mistero è ancora più fitto, maledizione; eppure ancora non basta. Sì, perché Radio Radicale ha ripreso puntualmente ogni iniziativa organizzata dal sottoscritto in questo ambito, e in particolare quelle realizzate con il Centro studi per la libertà di religione, credo e coscienza (LIREC).

 

Il libro dedica diverse pagine a LIREC: oltre al metodo “Nudge nudge”, include una frase particolarmente grave, che merita di essere riportata. La direttrice del Centro studi, Raffaella Di Marzio, è una studiosa di fama internazionale. Nel 2006, anno di apertura della SAS, la Di Marzio fu coinvolta nel caso Arkeon, un altro gruppo ingiustamente accusato di essere una “setta”: nel caso fu determinante lo studio di un gruppo antisette.

 

Mentre su tutti i giornali si parlava di Arkeon come della “più grande psicosetta mai esistita”, durante le indagini il gruppo contattò Raffaella Di Marzio affinché conducesse uno studio imparziale. L'esperta accettò e concluse che non vi erano elementi nel caso che facessero supporre derive abusanti. Immediatamente fu accusata di essere il “guru in pectore” che voleva ricostruire la “setta”, e subì la chiusura del sito. Com'è naturale per tutti eccetto Gazzanni, Piccinni e pochi altri, non soltanto la Di Marzio fu archiviata, ma lo studio “antisette” fu clamorosamente smentito dal Tribunale, tanto che i giudici specificarono come il teorema della “psicosetta” fosse infondato, con buona pace di tutti i nostalgici che avevano invocato la reintroduzione del reato fascista usando come scusa le favole sul “lavaggio del cervello”.

 

Ed è ancora più naturale che la Di Marzio, dopo un'esperienza simile, si sia attivata a livello nazionale e internazionale per la difesa della libertà di religione, credo e coscienza, fino a fondare appunto il Centro studi LIREC con cui ho il piacere di collaborare. Gli autori però non la vedono così, e oltre a offrire una ricostruzione totalmente falsata del caso Arkeon scrivono che la vicenda vissuta dalla Di Marzio farebbe supporre “un conflitto d'interessi” in relazione al suo ruolo nel Centro studi. In altre parole, siccome la Di Marzio è stata ingiustamente accusata nell'ambito di un caso di acclarata violazione della libertà di credo e coscienza, non dovrebbe occuparsi della libertà di credo e coscienza; secondo questa logica, una persona di origini africane avrebbe un “conflitto d'interesse” se fondasse un'associazione contro il razzismo.

 

È ovvio che non sta né in cielo né in terra, eppure il libro edito dalla illuminata casa editrice “de sinistra” Fandango sostiene precisamente questo.

 

Ora il mistero è al culmine, perché non soltanto non si spiega per quale ragione Radio Radicale abbia moderato la presentazione di questo libro senza nessuna riflessione critica, ma neppure perché la casa editrice illuminata “de sinistra” lo abbia pubblicato, vista l'atmosfera nostalgica da cui è permeato a partire appunto dall'invocazione del reato voluto dal Ventennio e applicato una volta sola ai danni di un intellettuale proprio perché comunista e omosessuale.

 

Eppure dobbiamo provare a risolverlo, pertanto andremo per esclusione. La Radio è organo della Lista Pannella, quindi dei suoi membri: possiamo escludere a priori che la Bernardini sostenga una simile linea politica, ma ne rimangono altri. Forse che Maurizio Turco o Laura Arconti abbiano nostalgia del reato di plagio, vogliano rivedere la storia radicale, calpestare la memoria di Pannella? Lo escludiamo.

 

La Arconti è impegnata fin oltre le sue forze per la campagna iscrizioni del Partito, e dubitiamo che Turco, il quale si offrì spontaneamente al linciaggio quando negò l'arresto a Cosentino dicendo chiaro e tondo che c'era il “fumus persecutionis”, improvvisamente si dia ad appoggiare le tendenze giustizialiste di questo governo fino a farsi più papista del papa e più realista del re come fa Coccia coi deputati a 5 Stelle. Allora forse la Radio soffre di subalternità nei confronti del regime, verrebbe da temere: sì, magari anziché assumere posizioni scomode preferisce essere conciliante con l'attuale governo?

 

È questa la spiegazione? Certamente no, perché quand'anche fosse, non si spiegherebbe quale sarebbe la convenienza politica nel dare tanto spazio al libro di Gazzanni e Piccinni, che non è espressione dell'attuale governo, ma piuttosto di un piccolo nucleo antisette che sarebbe trascurabile se non avesse avuto un ruolo tanto determinante nelle violazioni dei diritti umani ai danni di movimenti religiosi minoritari in Italia.

 

Magari però potrebbe trattarsi di antipatia nei riguardi di questa testata, che ha dato spazio appunto alle nostre ricostruzioni per più di sei anni. Certo, se si considera che il libro di Giuseppe Rippal'altro Radicale” è stato presentato per ben nove volte in molte città e che mai la Radio ha mandato in onda uno di questi appuntamenti che trattavano tematiche radicali e a cui avevano partecipato autorevoli intellettuali e giornalisti, un'antipatia la potremmo pure sospettare.

 

E però sarebbe ingiusto e offensivo nei confronti di Radio Radicale collegare un'antipatia col caso in esame, perché per quanto si possa criticarne il palinsesto non si può equiparare il criterio con cui vengono distribuiti gli spazi alla scelta deliberata d'invocare la reintroduzione del reato per la cui abolizione si batté lo stesso Pannella. Un conto è non trasmettere nessuna delle presentazioni de “l'altro Radicale” perché Rippa, già segretario e deputato radicale e direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale non è nelle corde di una redazione che poco si sente radicale,  un conto è sconfessare pubblicamente la storia radicale e invocare inasprimenti delle pene come un giustizialista qualsiasi, per di più in questo momento politico.

 

Va bene, e allora?, domanderà esasperato il lettore: ci vuoi dire perché secondo te Radio Radicale ha presentato il libro di Piccinni e Gazzanni edito da Fandango, sì o no? Ebbene, la motivazione è stata esplicitata dallo stesso Coccia nel suo intervento: perché è amico di Flavia Piccinni, che è fidanzata con Carmine Gazzanni. Tutto qui?, urla il lettore: e ci hai fatto leggere fino a questo punto per darci una risposta tanto stupida? Ma è proprio questo il problema, caro lettore. È precisamente così che sta crollando lo Stato di diritto in Italia: non tanto sotto le spinte autoritaristiche, quanto sotto il peso di un inutile carico di umilianti pettegolezzi che è avvilente dover menzionare.

 

Eppure è la verità, ed è ciò che spiega anche la ragione per cui la casa-editrice-illuminata-de-sinistra ha pubblicato il libro che rivuole il reato di plagio, dato che la Piccinni ha già pubblicato altri libri, fra cui un best-seller proprio per Fandango, che con le sette non avevano un tubo a che fare e men che meno col plagio. In altre parole, se un'autrice di punta della stessa casa editrice si fosse fidanzata con un tale che è stato membro di un gruppo religioso ingiustamente vittima delle solite accuse antisette e poi puntualmente assolto in Tribunale come nei casi citati, senza dubbio la casa editrice avrebbe pubblicato il libro a quattro mani contro la reintroduzione del reato di plagio; e se la stessa autrice di punta avesse avuto un amico a Radio Radicale, ben volentieri la Radio avrebbe curato e anzi moderato la presentazione alla Camera del libro contro il reato di plagio – magari rispolverando, per l'occasione, pure la storia radicale sul tema.

 

Perché è proprio questa la tragedia stoppardiana, la piaga che affligge non soltanto l'area radicale, ma tutto il Paese: siamo ufficialmente all'assurdo. Siamo appesi al caso, all'occasione. I punti di riferimento e le chiavi interpretative si sono persi al punto che Radio Radicale può fare questo ed altro, non perché vi sia sotto un disegno di qualche tipo, ma proprio perché non ce n'è nessuno.

 

Se ci fosse una strategia, se improvvisamente a Torre Argentina a qualcuno fosse venuto in mente di far proprie le idee dei gruppi antisette, benissimo, se ne prenderebbe atto e ci si adeguerebbe, si discuterebbe, ci si scontrerebbe... Ma semplicemente non è così, anzi siamo pronti a scommettere, e nel caso saremo smentiti, che l'ultima preoccupazione in assoluto del Partito Radicale è attualmente la reintroduzione del reato di plagio – non solo: che di questa apparente “svolta politica” la maggior parte dei compagni verrà a saperne solo in seguito a questo articolo, perché l'evento alla Camera non l'ha neppure notato.

 

Ecco dunque che all'angosciata domanda di Guildenstern: “Ma perché? Chi siamo noi perché così tanto converga sulle nostre piccole morti? Chi siamo noi?”, segue l'implacabile risposta dell'attore: “Siete Rosencrantz e Guildenstern. E tanto basta”.

 

 

 

 

 



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