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28/03/24

Perché il Csm ha perdonato Woodcock? Giù le mani dai Pm: son sacri


Categoria: RASSEGNA WEB
Pubblicato Martedì, 05 Marzo 2019 19:06

di Piero Sansonetti (Il Dubbio)

 

Il Csm ha deciso di perdonare il Pm napoletano Henry John Woodcock ( che era accusato di avere svolto in modo irregolare e intimidatorio un interrogatorio) e si è limitato ad una censura per una intervista inopportuna a Repubblica, rilasciata da Woodcock, che è stata considerata dannosa nei confronti di un suo collega napoletano.

 

Il senso della decisione è chiaro, a me sembra: se un Pm non rispetta un imputato passi; ma se non rispetta un suo collega, almeno un buffetto bisogna darglielo. Gli hanno dato questo buffetto.

 

Nella commissione disciplinare del Csm che ha deciso di respingere le accuse della Procura generale della Cassazione non era presente il vicepresidente del Csm, Ermini, il quale si è ritirato per evidenti motivi di opportunità ( e anche per rispettare il codice di procedura penale) visto che nei mesi scorsi, prima di entrare nel Consiglio Superiore, aveva espresso dei pareri su Woodcock in quanto parlamentare del Pd.

 

Era invece presente Piercamillo Davigo, sebbene anche lui, prima di entrare in Csm, avesse espresso dei pareri piuttosto netti. Ermini aveva polemizzato con Woodcock, al contrario Davigo si era detto esterrefatto della decisione del Csm di processare Woodcock. Evidentemente EDavigo ed Ermini hanno due opinioni diverse sulle procedure. Non aggiungo altro perché Davigo ha già querelato me e il nostro Giovanni M. Jacobazzi da qualche settimana e ieri ha querelato anche la collega del Foglio Annalisa Chirico.

 

Quando un politico querela un giornalista si dice sempre che lo fa per intimidire, e ci sono grandi proteste. Se però chi querela è un magistrato - immagino - lo fa per difendere gli interessi superiori della Giustizia, e quindi di proteste ce ne sono molto poche. Va bene così.

 

Noi non possiamo sapere come abbiano votato i membri del Csm chiamati a giudicare Woodcock, né tantomeno se il mancato voto di Ermini e il non mancato voto di Davigo siano stati o no determinanti.

 

Quello che possiamo sapere è che chissà quanti anni ancora dovranno passare prima che un Pm sia sanzionato seriamente dal Csm per il modo nel quale ha svolto le indagini. Non sembra che né la magistratura né il Csm siano particolarmente sensibili a questo problema. Specie se l’ipotetica vittima è semplicemente l’imputato.

 

Del resto la storia recente la conoscete tutti. I Pm sono la categoria professionale meno punita di tutte per gli errori che commette nell'esercizio della professione. Negli ultimi dieci anni i Pm chiamati a rispondere del loro operato, e condannati, son stati una decina. I medici son stati diverse decine di migliaia.

 

I famosi Pm che rovinarono la vita a Tortora facendosi infinocchiare da alcuni pentiti ebbero una brillante carriera, senza inconvenienti, e uno di loro addirittura fu chiamato a far parte del Csm e a giudicare i suoi colleghi. Capite che non c’è molto da contare sull’imparzialità quando si parla di magistrati.

 

Il Csm comunque un avvertimento, piccolino piccolino e molto sottovoce, lo ha voluto lanciare. Questo: “Amici magistrati, andateci piano con le interviste, specie con quelle che possono irritare i vostri colleghi”. Che dire? Meglio di niente.

 

Certo a leggere queste decisioni viene un po’ da sorridere sull’uso che solitamente si fa della parola “casta”. Parola presa in prestito dall’organizzazione sociale e civile della vecchia India. Dove c’erano i bramini in cima alla piramide e i paria, o i dalìt, in fondo in fondo. Oggi molti giornalisti e opinionisti fanno credere che qui da noi in cima alla società, nella casta dei bramini, ci siano i politici. Tutti fingono di non accorgersi che l’unica professione al riparo da ogni contestazione e in grado di dettar legge e di disporre della vita degli altri è quella dei magistrati. I quali, forse proprio sulla spinta di questa constatazione, non solo usano il proprio potere nell’ambito giudiziario ma si gettano nella politica.

 

È il caso, ad esempio, di Magistratura Democratica, che col caso Woodcock non c’entra niente. Ma che nei giorni scorsi si è riunita a congresso e si è scagliata contro Salvini e le sue scelte politiche. Personalmente sono d’accordo più o meno su tutto quellto che è stato detto da Magistratura democratica. Tranne che su una cosa: sul suo diritto di dire queste cose.

 

Quello di Md sembrava un rally di partito non un congresso di magistrati. Io non credo che i magistrati debbano dedicarsi alla battaglia politica e schierarsi contro una parte o l’altra. Non condivido nemmeno lo zero virgola zero uno della scelte politiche di Salvini, ma credo nel suo pieno diritto di fare le sue scelte e di non trovarsi contro una barriera di giudici che vogliono stabilire loro quali leggi fare, quando, come e perché.

 

Mi piacerebbe una vera distinzione tra i poteri e un vero equilibrio dei poteri. Come sta scritto nella Costituzione e come è logico che sia in tutti gli stati liberali.

 

Mi rendo conto di essere un illuso.

 

da Il Dubbio

 

 



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