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25/04/24

Regione Lazio, 'Il Messaggero' del regime cancella i Radicali


Categoria: POLITICA
Pubblicato Martedì, 19 Febbraio 2013 15:09
  • Ermes Antonucci

È possibile parlare degli scandali nella Regione Lazio senza nominare i radicali? Secondo Il Messaggero sì. Il giornale di Francesco Caltagirone oggi ha deciso di occuparsi, attraverso un “focus”, della questione dei costi della politica, interpellando direttamente i candidati alle elezioni regionali laziali. O meglio, alcuni candidati.

 

I radicali, infatti, non sono stati considerati meritevoli di un’intervista, nonostante le innumerevoli battaglie contro la partitocrazia e nonostante siano stati loro a far emergere il caso sul cattivo utilizzo dei soldi pubblici nel Lazio.

 

Ad essere intervistati, infatti, sono stati il presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti, il candidato del centrodestra Francesco Storace, la centrista Giulia Bongiorno, il grillino Davide Barillari e Sandro Ruotolo di Rivoluzione Civile.

 

Certo, a dirla tutta, osservando la creatività delle promesse elettorali dei candidati, che i radicali non siano stati inseriti nel calderone della retorica e dell’incoerenza forse è un fatto positivo: “Trasparenza al primo posto”, “Niente auto blu per la politica”, “Facciamo giustizia”, “Restituiremo tutti i rimborsi”, “Tremila euro a consigliere” gridano i candidati in una gara a “chi la spara più grossa”.

 

Ma il fatto ancor più grave, purtroppo, è constatare che il focus in questione sia stato introdotto da una riflessione, a firma di Francesco Olivo, sulla vicenda dei soldi ai gruppi regionali e che neanche qui venga dedicata una sola parola alle iniziative dei consiglieri radicali.

 

Eppure senza l’operazione trasparenza del gruppo radicale – che in seguito ha anche restituito alla Regione i fondi percepiti – oggi l’autore dell’articolo non potrebbe parlare di “ruberie e utilizzo scorretto dei soldi pubblici”.

 

 Tutto ciò non importa. L’unica cosa che conta, per 'Il Messaggero' come per altri soggetti (dis)informativi – vedi l’ultimo caso Ballarò –, è proseguire con la strategia del silenzio e dell’isolamento, la più grave delle tecniche di regime dopo l’eliminazione diretta degli scomodi avversari politici.



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