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19/04/24

Il premier Conte, i servizi segreti e la nomina del presidente del Copasir


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Mercoledì, 09 Ottobre 2019 18:48
  • Luigi O. Rintallo

Raffaele Volpi, leghista della prima ora, è stato nominato del presidente del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica). Dopo che la carica è stata lasciata dall’on. Lorenzo Guerini, nominato ministro della Difesa, a seguito del cambio di maggioranza governativa, tocca a un esponente dell’odierna opposizione presiedere il comitato che si occupa del controllo sui servizi segreti.

 

L’assolvimento di questa incombenza era atteso anche perché, a quel punto, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non potrà procrastinare ancora i chiarimenti sull’incontro fra l’Attoney general USAWilliam Barr, e i vertici dei servizi avvenuto il 15 agosto scorso.

 

L’episodio di per sé si inserisce nella complessa vicenda sulle presunte influenze esercitate dai russi nella campagna elettorale delle presidenziali statunitensi del 2016. Com’è noto, inizialmente l’informazione USA ha dato rilevanza ai contatti fra il comitato elettorale di Trump e i cosiddetti troll russi, che avrebbero condizionato il voto. Tant’è che nel Congresso USA, da parte democratica, si era giunti a ipotizzare un possibile impeachment per il presidente uscito eletto.

 

Dall’inchiesta del procuratore Mueller non sono, tuttavia, emersi elementi fattuali e sembra che ora la presidenza USA abbia avviato una contro indagine, volta a scoprire chi – anche dall’estero – ha dato una mano ai Democratici nel diffondere informazioni atte a screditare Trump. Per questo il segretario di Stato alla Giustizia avrebbe visitato l’Italia in due occasioni, il 15 agosto e il 27 settembre, alla ricerca di “prove” circa un contributo dei servizi italiani, attivati da chi era allora al governo ­– il Partito Democratico di Renzi – che era a favore di Obama e Hilary Clinton.

 

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, rimasto a Palazzo Chigi mantenendo la delega sulla gestione dei servizi segreti, avrebbe consentito al contatto diretto fra il ministro USA e i capi dei servizi italiani, senza informare di ciò nessun altro componente del governo. 

 

Che il ministro di un altro Paese possa interloquire direttamente con gli ufficiali dei servizi segreti dell’Italia dà la misura di quale sia il grado della nostra autonomia. Difficile immaginare, tanto per fare un esempio, che un nostro ministro possa avere incontri riservati con i capi della DGSE (Direzione generale della sicurezza) francese o del BND (Servizio federale informazioni) tedesco.

 

A ciò si deve aggiungere che è inevitabile chiedersi quale scambio sia intercorso, nell’ambito di queste iniziative assunte da Palazzo Chigi, anche in relazione al difficile passaggio istituzionale in corso questa estate nella politica italiana. Resta, in ogni caso, la conferma che l’indebolimento della politica, dopo decenni di attacchi all’insegna dell’anti-politica e delle derive corporative, lascia sguarnito il nostro Paese degli elementi minimi capaci di garantire la tutela dell’indipendenza decisionale.

 

Non mancano dunque gli aspetti da chiarire ed è augurabile lo si faccia al più presto.

 

L’Italia repubblicana nasce storicamente condizionata dagli equilibri impostisi nel post-Yalta, ma in passato la classe politica e i suoi maggiori esponenti riuscivano ancora a garantire i margini di una iniziativa autonoma. I comportamenti odierni non sembrano dimostrare che se ne sia ancora capaci.

 

 



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