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19/04/24

“Spazzacorrotti”, carcere e retroattività: e la Costituzione?


Categoria: EDITORIALI E COMMENTI
Pubblicato Giovedì, 01 Agosto 2019 13:02
  • Fabio Viglione

In questo articolo, l’avvocato Fabio Viglione affronta le riforme introdotte dall’attuale governo nell’ordinamento penale: dall’abolizione della prescrizione alla soppressione delle riduzioni di pena, per concludere con una riflessione sulla “verità” parziale di una cronaca giudiziaria troppe volte caratterizzata dalla parzialità deformante. I tre ambiti, descritti con spirito laico e liberale, badando alle dinamiche concrete cui danno luogo, hanno in comune il fatto che prescindono dai due principi fondamentali fissati dalla nostra Costituzione: la presunzione di non colpevolezza e la finalità rieducativa della pena comminata dallo Stato.

 

Il “sistema giustizia” in Italia richiede da tempo un intervento riformatore, ma i condizionamenti del giustizialismo che pervadono le forze oggi al governo non garantiscono affatto che il percorso del cambiamento avvenga nel segno dello Stato di diritto. Al contrario, il rischio è una pericolosa involuzione che porterà a un aggravamento della contro produttività nel lavoro della nostra magistratura.....

 

 

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L’attesa riforma in materia di giustizia è venuta ormai ufficialmente alla luce. Attraversa il codice penale, quello di procedura ed introduce modifiche all’ordinamento penitenziario. La disposizione più reclamizzata è quella che elimina la prescrizione di tutti i reati – a prescindere dalla loro gravità – dopo la sentenza di primo grado, di condanna o di assoluzione. Così, per i reati commessi a partire dal 2020 (e quanto prevede la norma) andrà in scena un processo potenzialmente senza limiti di tempo! Con buona pace del principio della “ragionevole durata del processo”. Ma c’è molto di più nella riforma. 

 

In particolare, in materia di delitti contro la Pubblica Amministrazione. Questi ultimi, infatti, oltre ad essere investiti da singolari innovazioni (dall’agente “sotto copertura” alla speciale impunità per chi si pente e offre la testa dei correi sull’altare della collaborazione) sono stati eletti a reati simbolo del ritorno alla centralità della pena carceraria. E tanto, procedendo ad una vera e propria inversione di rotta rispetto al percorso di “decarcerizzazione” delle pene brevi.

 

Un provvedimento in netta controtendenza (e, peraltro, con notevoli controindicazioni) non solo rispetto all’individualizzazione della pena. Se guardiamo ai costi per lo Stato ed ai dati sulla recidiva, non possiamo non constatare uno spread positivo in favore delle misure alternative rispetto al vecchio modello carcerario.

 

I risultati prodotti, negli anni, dall’esecuzione dell’affidamento in prova ai servizi sociali ci descrive una pena effettiva, un percorso per il condannato di virtuoso monitoraggio costante e risocializzante con costi estremamente contenuti per la comunità. Certamente di molto inferiori a quelli sostenuti dalla comunità per la detenzione carceraria. Al netto, poi, di una drastica diminuzione della recidiva nella comparazione tra i due modelli. Ma la recente riforma non sembra particolarmente sensibile a queste letture. Non sembra andare alla ricerca di un punto di equilibrio nella sanzione, nella personalizzata verifica da parte dei Giudici della possibilità di una alternativa al regime carcerario...

 

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